La Sardegna gioca un ruolo chiave in un progetto scientifico internazionale su monitoraggio e tutela della biodiversità nell’ottica del contrasto ai cambiamenti climatici. L’isola è stata selezionata come uno dei 12 siti di area vasta a livello nazionale, dove si concentrano le attività di monitoraggio sugli ecosistemi, nell’ambito del Centro nazionale di biodiversità (National Biodiversity future center). L’area coinvolta, che va dal Golfo di Oristano al Gennargentu, è al centro di un programma che mira a raccogliere dati cruciali per comprendere i legami tra la perdita di biodiversità e l’impatto sul cambiamento climatico.
Il progetto è stato al centro del simposio internazionale tenutosi ad Alghero, che ha visto la partecipazione di oltre 100 esperti provenienti da Stati Uniti, Canada, Regno Unito e diverse regioni italiane. Per tre giorni, scienziati, ricercatori e tecnici hanno esplorato il legame fondamentale tra il cambiamento climatico e la salvaguardia della biodiversità, sottolineando l’importanza di affrontare questi due temi in parallelo.
“La Sardegna è uno dei siti chiave per il monitoraggio ecosistemico, in particolare nell’area del Tirso”, ha spiegato Donatella Spano, docente della Facoltà di Agraria dell’Università di Sassari e coordinatrice scientifica del simposio. “Stiamo concentrando il monitoraggio sulle condizioni di salute degli ecosistemi, utilizzando sensori avanzati e tecnologie di mappatura per analizzare l’assorbimento del carbonio, il ciclo dell’acqua e lo stato della vegetazione e del suolo”.
Il monitoraggio in Sardegna è parte di un progetto più ampio che coinvolge una rete di università, enti di ricerca e imprese in tutto il territorio nazionale. “La Sardegna è un esempio perfetto di quanto sia importante raccogliere informazioni precise, in quanto la biodiversità in quest’area è straordinariamente ricca, ma anche molto fragile”, ha aggiunto.
I dati raccolti nel sito del Tirso, e in altre aree monitorate, verranno inseriti nella Piattaforma digitale del Centro nazionale di Biodiversità, che fornirà soluzioni specifiche per il ripristino del territorio. Il sistema includerà modelli per affrontare situazioni di degrado ambientale, come quelle causate da inquinamento o incendi, e previsioni su quanta biodiversità potrebbe essere persa in futuro e quale impatto ciò avrà sulle emissioni di gas serra.
“La soluzione, come abbiamo visto in questi giorni, è basata sulla natura”, ha concluso la professoressa Spano. “Dobbiamo ridurre le emissioni, ma anche garantire che la vegetazione e gli ecosistemi funzionino in modo ottimale per contrastare il cambiamento climatico. Le soluzioni naturali sono quelle più efficaci per restituire equilibrio agli ecosistemi e contribuire a ridurre l’impatto delle crisi ambientali”.