Aut-aut del governo all’Isola: carbone o nuovo elettrodotto verso il Continente

O il carbone o un’altra interconnessione elettrica tra la Sardegna e il Continente, attraverso la Sicilia secondo un’idea che circola nei ministeri romani. Più due nuove centrali a gas di grossa taglia. Visti dall’Isola, gli scenari ipotizzati dalla nuova Strategia energetica nazionale (S.e.n) hanno il sapore dell’aut-aut.

Di primo acchito la discriminante sembra  il carbone: in un caso non scompare del tutto, nell’altro sì, anche dalla faccia dell’Isola. Le cose, però, sono più complesse di quanto sembri: in ballo c’è lo sviluppo del sistema energetico sardo da qui ai prossimi 15-20 anni. E la stessa gestione di un territorio sempre più concepito come riserva d’energia destinata a terzi. Ma andiamo con ordine.

I piani del governo

Se l’Italia non riuscirà a dire addio al vecchio fossile nel breve periodo, rimarranno in funzione quattro centrali a carbone, due delle quali in Sardegna: una a Fiumesanto (ex E.on ora Ep), l’altra a Portovesme (Enel). In pratica, oltremare procederanno spediti verso la decarbonizzazione grazie al carbone che si continuerà a bruciare sull’Isola. Nonostante le centrali Ep ed Enel si trovino all’interno dei due Siti d’interesse nazionale per bonifica (S.i.n) più degradati d’Italia.
Ma cosa accadrà se il combustibile più inquinante finirà davvero in soffitta? È all’interno di questo scenario che la S.e.n prevede per l’Isola un nuovo elettrodotto sottomarino e due nuove centrali che “bruceranno 100.000.000 mc di gas all’anno” per produrre circa 1000 Gwh di energia elettrica. In alternativa, ma è un’ipotesi tenue, sistemi di accumulo della stessa potenza, vale a dire 400 Mw.

Nuovo Sa.co.i e accordo sul metanodotto: ecco le altre novità

In tutti i casi, sono previsti un aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili e il potenziamento del cavo Sa.co.i, che già collega la Sardegna alla Toscana attraverso la Corsica. L’infrastruttura è stata confermata da Bruxelles nella lista dei progetti prioritari in campo energetico.
Ma le novità per la Sardegna non finiscono qui. Stando a quanto si legge nella S.e.n, dopo aver proposto due progetti di metanodotto simili ma alternativi l’uno all’altro, lo scorso 29 settembre Snam Rete Gas e Società Gasdotti Italia hanno raggiunto un accordo per l’identificazione di un progetto condiviso da sottoporre ad iter autorizzativo unico. Il metanodotto, si legge ancora nel documento, potrà essere alimentato anche con il biometano. Ecco perché è lecito aspettarsi una nuova ondata di impianti che producono biogas da biomasse e rifiuti.

Carbone: i perché dell’addio e le ragioni per continuare a bruciarlo

Gli scenari disegnati dalla nuova S.e.n vanno riferiti al sistema energetico sardo. Altrimenti non si capisce cosa bolle in pentola. Stando a quanto si legge nel Piano energetico varato a fine 2015 dalla giunta regionale, il sistema elettrico sardo si sta avvicinando al suo limite. Le causa va ricercata nella progressiva riduzione dei consumi elettrici. In questo contesto, se la capacità di generazione elettrica (o potenza) oggi installata in Sardegna rimarrà invariata, si verificherà un eccesso di produzione energetica. E le interconnessioni elettriche col continente (Sapei e Sacoi) “diventeranno le uniche infrastrutture deputate a garantire l’esercizio e la stabilità del sistema”. Ma la stessa rete e le interconnessioni saranno messe a dura prova. Tradotto: meno consumi interni, energia in eccesso, rete sovra-stimolata, anche a causa della rigidità del termoelettrico sardo, dipendenza dall’export per ‘buttare’ fuori l’eccesso. E sicurezza del sistema a rischio.
Se, invece l’attesa riduzione dei consumi non avrà luogo, le centrali sarde alimentate a carbone potranno anche andare avanti.

La risposta all’ipotesi in cui i consumi si riducano è quasi scontata: occorre sforbiciare il parco termoelettrico (che con 2200 Mw di potenza rappresenta il 50 per cento della potenza sarda e produce il 70 per cento dell’energia). Ed è in questo scenario che s’inserisce la proposta del governo di chiudere Fiumesanto e Portovesme, rinunciando a una potenza di circa 1200 Mw, per una questione di carattere tecnico. Simili ipotesi, in effetti, sono contemplate anche dal Piano energetico, che arriva a una conclusione chiara: un ‘nuovo’ sistema elettrico sardo basato su autoconsumo istantaneo delle rinnovabili, smart grids e sistemi di accumulo avrebbe bisogno di una potenza da centrali termoelettriche che oscilla tra i 660 e i 960 Mw. Insomma, si può fare a meno di Fiumesanto e Portovesme. Ma il Continente vuole l’energia prodotta in Sardegna.

Più autoconsumo, meno esportazioni: ecco perché l’elettrodotto

Gli scenari ipotizzati dal Pears prevedono un ricorso sempre più accentuato all’autoconsumo istantaneo (e fuori rete) dell’energia prodotta dalle rinnovabili, alle smart grids e ai sistemi di accumulo. In breve, si tenta di costruire un nuovo modello. L’analisi del sistema nel passaggio da un’ipotesi conservativa a una di intenso sviluppo, passando per una di sviluppo (a cambiare sono l’implementazione del modello e i carichi sulla rete) evidenzia che le quote di energia destinate all’esportazione si riducono in maniera significativa rispetto al picco dei 4000 Gwh trasportati oltremare nel 2014: una causa possibile è proprio il crollo del ricorso alle centrali alimentate dai fossili. Lo sviluppo di questo sistema energetico ha anche un altro effetto, quello di rilassare i vincoli di rete (messi, invece, a dura prova nell’altro caso).

È in questo mutato contesto che s’inserisce la proposta di un nuovo elettrodotto. Risulta, allora, ancora più semplice concepire la nuova interconnessione come uno strumento dedicato all’export, giacché le previsioni del Pears, nella misura in cui si sforza di redigere un piano tarato sulla Sardegna, dimostra che l’Isola non ne ha nessun bisogno. Ad averne bisogno è la Penisola, in decit di 30.000 Gwh, che tenta dunque di rafforzare il ruolo di piattaforma energetica già giocato dalla Sardegna negli ultimi cinque anni, da quando, cioè, il cavo Sapei che collega l’Isola al litorale laziale e il Sacoi esportano oltre mare dai 2.800 ai 4.000 Gwh l’anno. Si aprono così gli spazi per installare nuova potenza, da metano (e non solo per garantire gli standard e la sicurezza di rete) e da rinnovabili. Non solo, la nuova infrastruttura serve anche ai grossi produttori di energia sardi, che nel frattempo potranno comunque accontentarsi del potenziamento del Sacoi.

Il cavo Sapei, concepito sin dall’inizio per esportare energia dalla Sardegna

In fatto di export, il cavo Sapei ha molto da insegnare. Presentato come rimedio ai mali del sistema sardo sul versante sicurezza e del prezzo dell’energia (le cui impennate, come evidenziato dall’Autorità per l’energia elettrica, vanno ricercate nelle condotte dei brokers della borsa elettrica), resta il fatto che il cavo è stato concepito per l’export sin dall’inizio.

“I risultati dello studio di fattibilità (del Sapei, ndr.) hanno evidenziato che il collegamento è sostanzialmente utilizzato per esportare energia dal continente, l’energia che ‘corre’ lungo il collegamento sostanzialmente cresce negli anni con l’aumento della capacità di generazione in Sardegna” (traduzione dall’inglese, ndr). Questo spiegava Terna agli altri membri del Forum degli esperti di energia elettrica del Sud-East Europa nel 2014, a Borgo Sabotino, dove, cioè, il cavo dei record approda dopo aver attraversato il Tirreno.

Inoltre, c’è stata una ragione di tipo economico ben precisa, secondo il gestore di rete, alla base dell’investimento.

“Si è dato per scontato che la generazione (di energia) nel continente sia più costosa che in Sardegna, data la presenza di centrali a carbone e impianti eolici (traduzione dall’inglese)”, continua Terna di fronte agli esperti.

Per quanto la frase possa dare adito a fraintendimenti,  è del tutto lecito ipotizzare che l’espressione “data la presenza di centrali a carbone e impianti eolici” sia da riferire proprio alla Sardegna, terra promessa ai signori del vento in cui la quota di energia prodotta dal carbone è sempre stata molto elevata. D’altra parte, Terna non difenderebbe l’interesse pubblico se tentasse di esportare da un punto all’altro dell’Italia energia più cara. La riprova sta nel fatto che le rinnovabili (in modo particolare eolico e fotovoltaico) hanno un effetto ribassista sul prezzo dell’energia, come si può leggere anche nel Piano energetico. Mentre, com’è noto,  il carbone è stato a lungo il combustibile meno caro.

A tutto gas. Ma nel 2050 si dovrà dire addio anche al metano

Inoltre, stando allo scenario che prevede l’addio al carbone anche per la Sardegna, non si esclude neanche la possibilità di dotare la Sardegna di nuove infrastrutture di approvvigionamento del gas. E pensare che i depositi costieri di Gnl (gas naturale liquefatto) già autorizzati o sottoposti a verifica possono movimentare circa 1,3 miliardi di mc di gas naturale l’anno, vale a dire una quantità di gran lunga superiore alle stime del fabbisogno sardo operate dalla giunta regionale (tra i 535 e i 960 milioni di metri cubi del gas l’anno). Se si considerano anche i depositi che il Consorzio Industriale di Sassari e l’Eni intendono realizzare a Porto Torres, si arriva agevolmente ad una capacità di movimentazione nominale pari a 2 miliardi di mc di gas l’anno o più.
Insomma, piuttosto che puntare convintamente su un futuro green si preferisce trasformare l’Isola in un hub per i paesi esportatori di G.n.l. come il Qatar e gli Stati Uniti, che puntato a piazzare sui mercati  internazionali lo shale gas da fracking estratto negli ultimi anni.
Eppure, secondo la S.e.n l’abbandono dei fossili –  metano compreso – dovrà essere completato all’80% nel 2050, cioè tra poco più di 30 anni. Perché allora puntare tanto forte sul gas?

Piero Loi
@piero_loi

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share