Ambientalisti contro i nuovi campi di ormeggio nell’Area Marina Protetta di Capo Caccia – Isola Piana. Il 7 ottobre scorso le associazioni ambientaliste Italia Nostra Sardegna, Lipu, SardegnAmbiente, Punta Giglio Libera-Ridiamo Vita al Parco, Earth Gardeners, Parco NordOvest Sardegna, Sardenya i Llibertat hanno presentato alla Regione le loro osservazioni sul progetto relativo ai campi ormeggio nell’Area Marina Protetta di Capo Caccia – Isola Piana, richiedendo una Valutazione di Incidenza Ambientale (VIncA) negativa “per le ricadute e gli squilibri ecosistemici che provocherebbe nella Zona Speciale di Conservazione (ZSC) di Capo Caccia e Punta Giglio, e per la violazione del particolare vincolo di tutela paesaggistica che protegge la baia di Porto Conte”, spiegano in una nota.
Secondo le associazioni ambientaliste “la precedente governance del Parco Naturale, senza procedere né a monitoraggi né a studi specifici, ha deciso di richiedere le risorse previste dal PNRR per la tutela dei fondali marini esclusivamente per incrementare la dotazione dei campi boe – scrivono – ottenendo un finanziamento di un milione e settecentomila euro per altri 125 gavitelli dichiarati indispensabili per proteggere la Posidonia oceanica degli ancoraggi abusivi. Di conseguenza il totale delle boe nell’Area Marina Protetta passerebbe dalle 91 previste entro il 2024 a oltre 200, e non solo per imbarcazioni da 10 e 24 metri, ma anche per grandi yacht da 40, 70 e 100 metri, perfino nella Baia delle Ninfe, nel cuore di Porto Conte. Questo esorbitante numero di boe aggiunto alle infrastrutture portuali già esistenti favorirebbe lo stazionamento di un notevole numero di imbarcazioni anche nelle ore notturne e incentiverebbe lo sviluppo di un nuovo polo della nautica da diporto all’interno della baia di Porto Conte”.
Le associazioni ambientaliste hanno presentato precise osservazioni in merito: ecco le principali criticità segnalate.
“Il finanziamento Pnrr concesso a tutela dei fondali marini e della Posidonia oceanica potrebbe essere più efficacemente indirizzato ad interventi nello specchio d’acqua di fronte al porto cittadino, dove si estende uno dei più ampi posidonieti del Mediterraneo, e dove abitualmente gettano l’ancora i grandi yacht e le navi da crociera – precisano -. In assenza, tuttora, del Regolamento dell’Area Marina Protetta (e quindi ancora in assenza della specifica cornice di riferimento per gli obiettivi e le attività auspicate) la governance del Parco2, ha continuato a “varare progetti impattanti che mettono a repentaglio il prezioso patrimonio ambientale e paesaggistico che è stato affidato al Parco. La necessità di installare un così elevato numero di boe viene motivata con l’urgenza di intervenire a proteggere la Posidonia oceanica, che a detta dell’Ente risulterebbe in uno stato precario per il danno provocato dagli ancoraggi incontrollati. Si è osservato che le zone in cui si intende collocare le boe sono già oggetto di un preciso divieto di ancoraggio, che sarebbe sufficiente far rispettare”
“Non risultano presenti nel Progetto, e nello Studio per la VIncA – sottolineano gli ambientalisti – analisi e monitoraggi che consentano di documentare i dati effettivi dello stazionamento dei natanti distinti per tipologia, localizzazione e cronologia, indispensabili per poter determinare la posizione e l’eventuale necessità di particolari punti di ormeggio. I dati su cui si basa il Progetto sono fuorvianti perché considerano le imbarcazioni avvistate nel quadriennio 2015-2018 come
presenti contemporaneamente, prendono in esame imbarcazioni in transito, e non all’ancora, e in un’area molto più vasta di quella interessata dal Progetto. L’accresciuto afflusso d’imbarcazioni di media e grande stazza sollecitato da una sovradimensionata offerta di ormeggi sarebbe causa di un rilevante incremento dell’inquinamento (e intorbidamento) acqueo, acustico e luminoso, capace di arrecare gravi danni alla stessa Posidonia e a diverse specie d’interesse comunitario presenti nella baia”.
Ma non solo: “L’ormeggio dei grossi yacht, oggi pressoché assenti all’interno della baia, cumulato a quello delle imbarcazioni da diporto modificherebbe radicalmente, l’immagine di una ampia baia naturale poco antropizzata – sottolineano le associazioni – , sfigurandone la peculiare identità. La nuova concentrazione di infrastrutture di tipo portuale non solo produrrebbe una patologica concorrenza con i porti e le marine già esistenti ma farebbe straripare la più che sufficiente offerta di ormeggi della rada, nella quale sono già presenti, oltre alle 91 boe in corso di installazione, 390 posti barca nella base nautica di Porto Conte e 120 nel porticciolo di Tramariglio, che già si affiancano ai 2200 nel porto di Alghero e ai 250 in quello di Fertilia”.
E gli ambientalisti puntano il dito sulla governance del Parco che “non ha provveduto a dare notizia dell’avvio del Progetto né a rendere pubblici gli atti del procedimento, già in gestazione dal 2023. Anche questo Progetto, infatti, è stato commissionato, indirizzato e licenziato dalla Direzione del Parco senza che la comunità potesse venire a conoscenza né delle linee guida né degli elaborati, così violando sia il diritto di accesso dei cittadini alle informazioni sia il preciso dovere, sancito dalla normativa europea, di coinvolgere le comunità locali nei processi decisionali. Negli stessi giorni in cui il Progetto, datato 30 luglio 2024, veniva inviato alla Regione per l’obbligatoria Valutazione di Incidenza Ambientale la Direzione del Parco, con proprio provvedimento datato 2 agosto, indiceva la Conferenza dei Servizi e avviava la procedura con cui a tenore di legge deve esser richiesto il parere di tutte le Amministrazioni competenti, costringendole, di fatto, ad esprimersi senza poter disporre dell’esito della VIncA”.