Si è sparato dietro l’arena spettacoli di Sant’Elia, a Cagliari, con la pistola d’ordinanza, perché da due mesi non prendeva più lo stipendio. La vittima è una guardia giurata di 42 anni che lavorava in un noto istituto di vigilanza. L’uomo era sposato e aveva tre figli piccoli.
Risale a venerdì il suicido. Un dramma della disperazione, un altro, e sempre per via della crisi. L’uomo avrebbe lasciato una lettera alla moglie, ma non si conosce il contenuto. Quindi la decisione di andare a Sant’Elia, non distante dal porto di Cagliari dove faceva la vigilanza, e la fine affidata alla pistola di servizio. Il suo corpo è stato ritrovato intorno a mezzogiorno.
Due giorni fa, un sobrio necrologio della famiglia. “È venuto a mancare dall’affetto dei suoi cari”, si leggeva semplicemente in quell’ultimo saluto a un uomo che non ha retto il peso di una vita impossibile senza stipendio, visti i tre figli piccoli e la moglie casalinga. Ci sono indagini in corso sul suicidio della guardia giurata, il fascicolo lo hanno aperto i carabinieri.
La penultima vittima sarda della crisi è stata un’imprenditrice di Gonnosfanadiga che lo scorso ottobre si è gettata nel pozzo della sua azienda agricola. Aveva 54 anni. Ad aprile 2014, il tragico gesto di Pierre Milia, lo chef di Sant’Antioco disperato per il suo pub senza più clienti. A giugno 2013 la morte di Alessio Dal Padullo, un commerciante di stoffe che aveva il negozio in via Pergolesi a Cagliari. E due mesi prima, altri tre vittime, in poche ore. Tanto che a Orotelli un comitato spontaneo di imprenditori aveva lanciato un appello e un manifesto. Con un invito: “Non chiamateli suicidi, ma omicidi“.
Al. Car.
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