Controlli ambientali e prescrizioni per limitare l’impatto di inceneritori, centrali e altri insediamenti industriali? Sono una rarità i primi e un semplice pro forma le seconde: le ispezioni dell’Arpas – Agenzia regionale per la protezione ambientale – presso gli impianti inquinanti hanno una frequenza tanto bassa che l’istituto del controllo pare avviato al declino. Vale lo stesso per le norme imposte dalle autorizzazioni integrate (A.i.a) rilasciate dalle province ai gestori degli impianti per limitare l’impatto di emissioni o scarichi. L’Agenzia regionale non le fa rispettare, nonostante sia suo compito.
Sulla stessa linea, quella del laissez-faire, laissez passer, anche le province e la regione, che “non ha mai redatto un piano di ispezione regionale, previsto invece dal Testo unico sull’ambiente”, scrive in una nota indirizzata all’Arpas la provincia di Nuoro. Non c’è allora da meravigliarsi se gli inceneritori godono di una libertà pressoché illimitata. Come già raccontato da Sardiniapost, l’agenzia non effettua campionamenti delle emissioni sprigionate dal Tecnocasic almeno dal 2011. E a Tossilo, nella zona industriale di Macomer, la musica non cambia: nei cinque anni di validità dell’autorizzazione integrata, i controlli sugli inquinanti diffusi dall’inceneritore non sono mai stati effettuati.
Non va meglio se ci si sposta nel Sulcis, tra Cortoghiana e Nuraxi Figus, comune di Gonnesa, dove sorge la discarica della Carbosulcis che accoglie ceneri e gessi provenienti dalla centrale Enel “Grazia Deledda” di Portoscuso. In questo caso, il mancato rispetto delle prescrizioni imposte da Regione e Provincia è reso evidente dal fatto che le stesse disposizioni si ripresentano pressoché immutate nelle A.i.a rilasciate in seguito agli ampliamenti del mega deposito di ceneri, già tre nel giro di una decina d’anni.
Tossilo, l’inceneritore esente da controlli
Che l’inceneritore di Tossilo sia esente da controlli lo dice la Provincia di Nuoro in una nota con cui sollecita l’Arpas ad effettuare i controlli sulle emissioni dell’impianto previsti nel Piano di monitoraggio e controllo, adducendo una motivazione che lascia riflettere: nessuna verifica ispettiva è stata effettuata dall’Arpas nell’arco dei cinque anni di validità dell’autorizzazione integrata rilasciata dalla stessa provincia. D’altro canto, i documenti parlano chiaro: l’Arpas deve fare almeno due visite al gestore dell’impianto, in questo caso la Tossilo Tecnoservice, durante i cinque anni di validità dell’autorizzazione. Questo scrive la provincia il 31 marzo di quest’anno, mentre l’Aia scadrà di lì a poco, per l’esatezza il 25 giugno. Eloquente anche la nota di risposta con cui l’Arpas di Nuoro annuncia i controlli a Tossilo per il successivo otto luglio: quella nota viene, infatti, inviata anche alla Tossilo Tecnoservice. Si tratta, in altri termini, di un’ispezione telefonata, che arriva dopo un lustro di dolce dormire.
Dal controllo all’auto-controllo
Già da tempo l’agenzia per la protezione dell’ambiente ha virato verso “un nuovo regime di controllo che consiste nel verificare i dati relativi alle emissioni inquinanti prodotti dai controllati”, rivela il direttore dell’Arpas Cagliari Massimo Secci. Ciò non toglie che l’Arpas sia tenuta ad effettuare i controlli ispettivi. Anche perché i gestori degli impianti soggetti ad Aia pagano l’Arpas perché effettui le verifiche in loco. La somma complessiva corrisposta all’agenzia dai vari gestori per effetto di un decreto ministeriale del 2008 si trova nel capitolo Ec 321.015 “proventi per istruttorie relative alle autorizzazioni integrate ambientali” e per il solo 2015 vale 80.000 euro. Mentre il capitolo più sostanzioso Ec 321.001, in tutto 500.000 euro, si riferisce ai proventi relativi ai piani di caratterizzazione, al controllo dei dati analitici e alle altre somme versate per l’ottenimento dei pareri tecnici dell’agenzia. In tutto un pacchetto da 580.000 euro corrisposto all’agenzia dai privati per effettuare quelle attività istituzionali che solo un ente super-partes può svolgere.
Naturale, allora, porsi alcune domande: se ci sono i soldi, perché i controlli non vengono effettuati? Non sarà che, a queste condizioni, la classica relazione controllore-controllato venga soppiantata da quella che viene a instaurarsi tra il finanziatore/controllato al controllore/dipendente? E ancora: che senso ha emettere le autorizzazioni, se poi non vengono fatte rispettare?
Si tratta di interrogativi che è lecito porre, anche in virtù del fatto che l’Arpas è sottoposta agli indirizzi della giunta regionale. E che risulta guidata da un coordinamento regionale composto dagli assessori Donatella Spano (Ambiente), Luigi Arru (Sanità) oltre che dai sindaci di Domusnovas (Angelo Deidda), Tergu (Gianfranco Satta) e Ussana (Pier Paolo Loddo).
Una discarica, mille prescrizioni non rispettate
Tra chi opera in regime di piena libertà c’è anche la discarica della Carbosulcis che raccoglie ceneri e gessi provenienti dalla centrale Enel “Grazia Deledda”. In questo caso, la cronistoria delle violazioni va di pari passo con quella degli ampliamenti autorizzati nel corso del tempo. Nel giro di poco più di dieci anni, infatti, la volumetria della discarica è aumentata di circa il 70%, passando da un 1.000.000 di mc nel 2006 ai circa 1.700.000 di oggi. E ad ogni ampliamento la provincia ha emesso una nuova autorizzazione integrata.
È la delibera 45/2 dell’11 novembre 2014 con cui la giunta regionale ha autorizzato l’ultimo ampliamento a precisare che “la Carbosulcis non ha ancora provveduto alla realizzazione degli interventi di recupero ambientale su parte della discarica”, nonostante l’obbligo sia già stato imposto dall’Aia del 2009. Lo stesso dicasi per la viabilità di collegamento tra il cantiere di Nuraxi Figus e la strada provinciale. “Già in precedenza era stato imposto alla Carbosulcis di asfaltare a sue spese quel tratto di strada sterrata”, ricorda sempre la delibera di giunta. Anche qui cinque anni di ritardo per risolvere un problema non da poco, visto che nei terreni dei dintorni dell’area si sono registrati a più riprese superamenti dei limiti soglia del piombo, dello zinco e del cadmio. “Con il passaggio dei camion, queste sostanze altamente nocive si risollevano per essere nuovamente messe in circolazione nell’ambiente circostante. Inoltre, a causa della mancanza di cunette di scolo e delle forti piogge, gli inquinanti si raccolgono in rigagnoli che raggiungono lo stagno di Boi Cerbus”, spiega Giancarlo Ballisai dell’associazione ecologista Adiquas.
Le prescrizioni non rispettate non finiscono qui. Ballisai denuncia, infatti, anche “la mancata installazione della centralina per il rilevamento delle più pericolose polveri PM 2,5 e le analisi radiometriche sul Radon, elemento radioattivo che potrebbe trovarsi nelle ceneri generate dalla combustione del carbone”.
La provincia diffida la Carbosulcis
Anche la provincia di Carbonia-Iglesias, dopo aver effettuato alcuni sopralluoghi, si è resa conto di alcune difformità rispetto alle prescrizioni. Si trova tutto scritto in una determinazione risalente all’aprile 2012 dove si legge che, “la società ha coltivato in sopraelevazione la discarica, abbancando rifiuti all’interno del secondo e del terzo lotto, prima della costruzione del relativo argine”. E c’è dell’altro, visto che “le superfici non oggetto di coltivazione non risultavano coperte da teli provvisori come prescritto quale misura di contenimento delle polveri aero disperse”.
E pensare che la realizzazione della discarica o meglio, del sistema integrato deposito terrestre e sotterraneo, poi abbandonato dalla Carbosulcis (l’intenzione era quella di iniettare nel sottosuolo le ceneri e i gessi provenienti dalla centrale), era stata vincolata alle operazioni di messa in sicurezza della falda acquifera – contaminata dalla presenza di manganese e solfati oltre i valori massimi consentiti – e del suolo dalla aia del 2009. Peccato però che il piano di caratterizzazione propedeutico alle operazioni di messa in sicurezza sia arrivato solo nel 2011, due anni e mezzo dopo. E che, a distanza di cinque anni dalle prescrizioni, nel 2014, fosse ancora oggetto di discussione presso il ministero dell’Ambiente. A onor del vero, va detto che qualcosa è stata fatta, ma come al solito in ritardo.
Piero Loi
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