Se non proprio da ultima spiaggia, ma comunque determinante per il futuro di un Cagliari ai minimi storici. Mettiamola così: servivano tre punti e tanti ne sono arrivati. Prima vittoria rossoblù in questo campionato, un necessario ricostituente per uscire definitivamente da una convalescenza che dura da troppo tempo.
Non sono mancati i brividi finali, con una partita che sembrava chiusa sul 2-0 e che la Sampdoria ha riaperto all’82esimo, manco a dirlo su una delle ricorrenti amnesie della difesa sarda. Strizza fino al 93 quando Joao Pedro, oggi in netta ripresa, ha messo il sigillo con il 3-1.
Il match clou fra due compagini alla canna del gas si era aperto sotto i migliori auspici per i rossoblù con il gol di Joao Pedro dopo soli quattro minuti di gioco, e due di Var. Sulle ali dell’entusiasmo e con la spinta del ritrovato pubblico della Domus, si sono creati i presupposti (frase rubata al non rimpianto Giampiero Ventura) per incanalare la gara sulla strada desiderata che poteva essere quella dell’attesa degli avversari per poi infilarli di rimessa, o quella dell’aggressione sulla spinta del vantaggio acquisito.
È stata scelta la prima soluzione, anche perché francamente i ragazzi di Mazzarri non sembrano attualmente in grado di impostare le partite sull’agonismo e l’aggressività. La condizione fisica è quella che è, e nelle file rossoblù quasi nessuno ha nel suo Dna calcistico veemenza e ardore fisico. Servirebbero insomma almeno quattro Nandez e quattro Marin per vedere la squadra gettare sempre il cuore oltre l’ostacolo.
Per tutti i primi 45 minuti, gol di Joao Pedro a parte, Cagliari e Sampdoria non hanno fatto impazzire i quasi 10mila spettatori presenti sugli spalti. Tanti errori da ambo le parti, occasioni da rete non pervenute. Nel Cagliari pesa, non è una novità, la mancanza di fosforo e tecnica a centrocampo, dove i sopracitati Nandez e Marin riescono comunque a supplire con lo spirito guerriero.
Nel secondo tempo, come ci si aspettava, c’è stato l’iniziale assedio dei sampdoriani alla porta di Cragno, rimasto infruttuoso per la scarsa vena di Quagliarella e Gabbiadini. È stato invece il Cagliari ad avere altre due ghiotte occasioni da rete con Keita, che in entrambe le circostanze ha calciato fuori da favorevole posizione.
Al 74esimo il gol di Caceres sembrava aver chiuso i conti ma ai blucerchiati sono bastati otto minuti per rimettere la gara in discussione. Complice la collettiva dormita in fase difensiva dei cagliaritani, ha messo il biondo slavato Thorsby, indisturbato fra quattro rossoblù, nella condizione di assestare una capocciata al pallone, spedendolo alle spalle di Cragno.
I sette minuti rimanenti e i quattro di recupero sono stati un supplizio per Mazzarri, presidente Giulini e tifosi in tribuna. Ci ha pensato il capitano JP10 a chiudere definitivamente i conti quando la lancetta dei secondi dell’orologio dell’arbitro Marchetti stava compiendo l’ultimo giro. Un urlo liberatorio è esploso all’Unipol Domus, finalmente una vittoria.
Ma non deve essere questa la foglia di fico per nascondere una situazione generale che rimane precaria. La polvere non va nascosta sotto il tappeto di una vittoria, la società deve tenerlo a mente. Servono rinforzi e gennaio non è poi così lontano. In organico ci sono buchi paurosi, ci si pensi per tempo. E non si aspettino i saldi invernali per portare a Cagliari vecchie glorie in via di pensionamento, né tanto meno calciatori inadeguati a certi livelli.
L.On