A volte ritornano. Larrivey lo ‘spagnolo’: “Batterò il Real Madrid!”

Dall’America Latina all’Europa. Andata, ritorno e ancora andata. Forse non sarà un eroe, ma Joaquin Larrivey può ben dirsi il centravanti dei due mondi. Quattro anni a Cagliari, con qualche pausa in mezzo. Due prestiti in Argentina, prima della cessione definitiva in Messico. Anche un titolo nazionale col Velez conquistato da protagonista. Non con un gol, ma con la vera specialità della casa: un calcio nelle parti basse al portiere dell’Huracan che permise a Maxi Moralez (sì, proprio il Frasquito dell’Atalanta) di battere a colpo sicuro siglando la rete decisiva, all’ultimo minuto dell’ultima partita contro l’unica squadra che poteva sfilare il titolo al Velez. Anche a Cagliari Larry è diventato più famoso per le botte che per le prodezze palla al piede.

A scrivere la sua storia rossoblu è stata più la rissa nell’amichevole col Bastia che i 16 gol segnati, 10 nell’ultima stagione giocata per intero in Sardegna. In Messico, a Cancun, El Bati ha confermato di non essere un bomber: 2 centri in 15 partite giocate, comunque abbastanza per garantirsi una seconda chance in Europa.

In Spagna, stavolta, al Rayo Vallecano, terza squadra di Madrid, per provarci anche nella Liga e sfidare Barça e Real. E perché no, provare anche a vincere il derby. «Più che il gol, contro il Real Madrid vorrei una vittoria, e credo che ce la possiamo fare», racconta il centravanti argentino ostentando una sicurezza e una fiducia nei propri mezzi che forse gli è mancata a Cagliari: «Ci ho messo tempo a trovarla, e quando è successo e ho fatto tre gol al Napoli, sono stati gli allenatori a non avere fiducia in me».

Una tripletta, quella del San Paolo, del tutto inutile nell’economia della sconfitta per 6-3, ma che comunque Larrivey porta ancora nel cuore: «Uno dei ricordi più belli che ho. Le gare col Napoli avevano sempre un sapore speciale». Come quella del gennaio 2008. Cagliari ultimo in classifica e sotto 1-0 al 90esimo. Poi le reti di Matri e Conti, l’inizio di un’impresa: «I primi sei mesi in Italia sono il ricordo peggiore. Solo 10 punti. Poi c’è stato il miracolo».

La speranza è che col Rayo sia meno complicato ottenere la salvezza, intanto la sua avventura è cominciata molto meglio di quella col Cagliari. Ci aveva messo 38 giornate a trovare il suo primo gol in serie A, appena tre per far centro in Liga. Cross dalla destra di Trashorras e incornata imparabile. «L’arrivo a Cagliari è stato il momento più complesso della mia carriera e della mia vita. È stato molto difficile abituarmi a tante cose nuove. Ora sono più maturo, per questo ho fatto subito gol».

Una crescita iniziata a Cagliari, nell’ultimo anno: «Sono stato quello che ha segnato di più, 10 gol, e questo per me significa che se c’era qualcosa che non andava, non si trattava delle mie qualità». Ora a Madrid, da vivere portando la maglia di Vallecas, quartiere popolare che interpreta lo spirito operaio della capitale spagnola, lontana dalle luci e dallo sfarzo del centro. «Mi trovo bene, è un barrio di gente che lavora tanto, e il calore dei tifosi è spettacolare».

E i maligni già dicono che con le difese spagnole, segnare sarà facile anche per uno come lui: «Non so se è un campionato più semplice, ma penso sia più divertente. C’è meno tattica, meno fisico, più spazio per la tecnica. Tutti cercano la vittoria, in casa e in trasferta».

Lui si è portato appresso la sua inseparabile chitarra, magari per suonare Otra vuelta de Tuerca dei Las Pastillas del abuelo, «la colonna sonora che sceglierei per il mio vagare tra Europa e America Latina». Sognando un gol al 90esimo contro il Real: «Se dovesse arrivare farei come sempre. Lo dedicherei alla mia famiglia, ai miei compagni e ai tifosi». Quelli che lo amano sempre e comunque, nonostante qualche stop sbagliato di troppo.

Gabriele Lippi

 

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