“Il conte di Saracino”, c’è la Sardegna che muore nel nuovo romanzo di Marilotti

Profuma di timo, lavanda e lentisco l’aria del Supramonte, dove tra vette e declivi, nell’ incanto di luoghi magici e inaccessibili, Peppe Tolu, protagonista del “Il Conte di Saracino” (Arkadia) nuovo romanzo di Gianni Marilotti,  già premio Calvino nel 2003, cerca il riscatto della sua coscienza. La trama prende avvio dalla fuga del protagonista dal degrado e dall’impoverimento sociale e culturale che affligge il paese di Nuxenti, tenuto in pugno dall’influente Donna Memena e da una gestione amministrativa senza valori. L’incontro con Mangedda, considerata da tutti una strega, contribuirà ad aprire gli occhi di Peppe Tolu sino a svelargli il vero segreto del tesoro nascosto nel monte Libertà.

Attraverso un linguaggio immaginifico, lirico e raffinato, “Il Conte di Saracino”, muovendosi ai confini tra sogno e realtà, si colloca, infatti, nella tradizione della “letteratura di montagna” che affonda le proprie radici nei più antichi racconti biblici, dal monte Ararat di Noè al Calvario di Cristo, diventando nel medioevo allegoria dell’ascesa ostile e inaccessibile attraverso le descrizioni dantesche e petrarchesche. Una letteratura che si afferma maggiormente tra Settecento e Ottocento dove, già nell’Adelchi del Manzoni la montagna e i suoi segreti consentono all’uomo di interloquire con la natura vibrante e padrona, ma che raggiunge il suo apice nel Novecento, nei tragici racconti sulla Resistenza narrati da Fenoglio, Pavese, Calvino, Rigoni Stern e Lussu.

Ma “Il Conte di Saracino” si accosta anche al “Barnabò delle montagne” di Buzzati, col quale condivide l’alchimia delle atmosfere, gli imponenti silenzi nonché il tema della solitudine, della volontà di sottrarsi a una vita che sta perdendo significato per concedersi nuove armonie possibili.  Non un romanzo di sola protesta, ma piuttosto di proposta, ovvero: nuovi modelli di economia etico-sostenibili e il valore ideale di una società multietnica. Per rispondere al pericolo incombente di una Sardegna che lentamente muore, sempre più povera e deserta, da svendere ai ricchi speculatori, Peppe Tolu intuisce anche l’importanza che possono avere gli immigrati per evitare lo spopolamento inarrestabile dei paesi, ormai abitati per lo più da anziani.

Gianni Marilotti, da sempre vicino alla cultura e alle problematiche del Mediterraneo, ancora una volta conferma, attraverso lo strumento narrativo, il suo impegno politico e sociale dando al lettore  lo spazio profondo di originali riflessioni con cui immaginare un futuro migliore. (d.p.)

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