Gli sciacalli all’Alcoa

Sono stati spenti ieri mattina gli ultimi forni che ancora stavano producendo l’alluminio sardo nello stabilimento Alcoa di Portovesme.
Gli operai hanno terminato le ultime operazioni delle colate programmate e poi hanno azionato gli interruttori che alimentavano i forni fusori, spegnendo le fiamme necessarie al mantenimento della caloria. I forni sono stati messi a riposo in attesa, si spera, di tempi migliori.
Ora, nello stabilimento Alcoa di Portovesme, è calato davvero il silenzio. Un silenzio reale e surreale, per certi versi, che maschera un futuro incerto.
Ma le attività non sono del tutto terminate e non sono del tutto lecite.
Infatti, da un po’ di tempo, si stanno verificando una serie di furti all’interno di questo stabilimento e nei locali limitrofi, anche di attrezzature voluminose e importanti per il proseguo delle attività di manutenzione dello stabilimento, tanto che la Direzione di stabilimento si è vista costretta ad avvertire i propri dipendenti di questi incresciosi episodi esortandoli ad una maggiore attenzione verso comportamenti o azioni equivoci e, nel caso, avvertire immediatamente la Direzione per i provvedimenti del caso.
E’ di qualche giorno fa l’ennesimo furto con annessa devastazione, per mano ancora ignota, di cavi elettrici ed altro materiale contenente rame, un materiale che ultimamente pare sia molto richiesto nel mercato nero dei metalli; solo che a farne le spese stavolta è stata la cabina elettrica di un piccolo impianto, adiacente alla grande fabbrica dell’Alcoa, e di sua competenza, dove vengono ricostruite le celle proprio per la fabbrica di alluminio; risultato: ora quel reparto è impossibilitato a proseguire il proprio lavoro di manutenzione in quanto privo della necessaria corrente elettrica, linea che è stata messa in sicurezza dai tecnici dell’ENEL.
I sindacati, dal canto loro, hanno anch’essi stigmatizzato gli episodi classificandoli come inqualificabili e squalificanti per una classe operaia dedita al lavoro e che le azioni di pochi individui, che nulla hanno a che vedere con la classe operaia, non devono e non possono infangarne l’immagine e la reputazione.
Azioni dei soliti zingari, si dirà; fatto sta che il fenomeno sta assumendo sembianze che cominciano a non piacere a nessuno, Direzione, maestranze e forze dell’ordine, proprio perché è il segnale concreto e tangibile della decadenza ingloriosa di una fabbrica di primaria importanza ma, più in generale, di un territorio, quello in cui è ubicato, dove il benessere e la crescita economica non davano spazio a questo tipo di attività delittuose.
E’ come assistere alla poco edificante scena degli sciacalli che si gettano sulla carcassa di un animale morto: gli operai che hanno vissuto in quella fabbrica e che gli ha permesso di vivere fino ad oggi rifiutano una tale sorte e sapranno reagire per difendere e preservare la “loro” fabbrica in attesa che essa riprenda la sua attività insieme ai suoi operai.
Carlo Martinelli

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