Giusti (Man): “A Nuoro il fascino e la forza di una periferia della cultura”

In quella che è stata consegnata al Novecento col nome di Atene sarda, in un fermento creativo dato alla città dall’opera e dai natali di alcuni importanti esponenti delle arti del secolo scorso, Nuoro continuamente riscopre le proprie radici culturali quale sintesi di tutte le periferie di Barbagia. Sintesi culturale e sintesi geografica, come una periferia isolata, bloccata tra i monti di un’isola più grande. È in questo habitat che da diciotto anni opera il MAN (Museo di Arte contemporanea di Nuoro), prima diretto dalla sarda Cristiana Collu, ora guidato da Lorenzo Giusti, di recente confermato alla guida del museo nuorese per il prossimo triennio. Giusti è storico dell’arte contemporanea, esperto in gestione museale, ha studiato all’Università di Firenze, Paris VIII e Siena, è autore di monografie e saggi sull’arte e la critica del XX e del XXI secolo. È stato direttore artistico del Centro EX3 di Firenze e curatore di numerosi progetti d’arte contemporanea, alcuni dedicati a Maria Lai, altri a Marini, Arp, Klee, Giacometti. Un progetto diviso in tre tappe, dal titolo “La costante resistenziale”, intende dare uno spaccato dell’arte contemporanea sarda fino ai nostri giorni. Con lui abbiamo parlato della eredità, e della attuale realtà artistica e culturale del MAN di Nuoro.

Lei ha ereditato l’importante lavoro del suo predecessore Cristiana Collu: qual è il bilancio del lavoro fatto a tre anni dal suo insediamento?

Il MAN non è sempre stato lo stesso, in diciotto anni di attività ha cambiato visione, strategie, orientamento critico, ha ripensato il proprio ruolo e ampliato il proprio campo di azione. La sua forza è stata quella di non affezionarsi a un’idea e di cercare sempre di rinnovarsi. Con le ambizioni sono cresciute anche le aspettative e di conseguenza gli impegni. Abbiamo dovuto aggiornare le nostre competenze, affrontare i processi di globalizzazione, l’irrompere dei social media nella comunicazione, cercare partner internazionali sempre più prestigiosi. Nel 2012, quando mi sono trasferito a Nuoro, ho trovato un museo con un importante percorso alle spalle, ma con un’identità da ridefinire. Quello che ho cercato di fare è stato di rafforzarne la credibilità come centro di ricerca e come museo d’arte moderna e contemporanea, concentrandomi sui linguaggi dell’avanguardia storica (Marini, Arp, Klee, Giacometti o l’espressionismo tedesco) come chiave d’accesso alle ricerche artistiche contemporanee tra le più sperimentali (Hirschhorn, Fulton, Signer, Blazy). Lo sforzo è stato premiato e il pubblico è aumentato progressivamente, fino a superare, l’anno scorso, il record storico del museo.

Qual è la sua visione di arte in estrema sintesi?

Difficile parlare di arte in “estrema sintesi”. Diciamo che l’arte è linguaggio e come tale può esprimersi in mille forme e comunicare le idee più disparate. E questo vale a Nuoro come a Parigi o a Bangkok. Non sono tra quelli che professano una sola visione, un’idea univoca dell’arte e delle sue funzioni, anche se, col tempo, come curatore, ho circoscritto un mio campo d’azione, legato soprattutto agli sviluppi del pensiero ecologico.

Questa idea può inserirsi e incidere in una realtà come Nuoro?

Nuoro ha indubbiamente una sua anima, una sua connotazione culturale che la distingue da molti altri luoghi. Nuoro è un centro: il più periferico tra i centri d’arte e di cultura. E in questo stanno la sua forza e il suo fascino.

L’azione del MAN si limita alla cittadina nuorese?

Chiamiamo “extramuros” le attività svolte al di fuori delle strutture architettoniche del museo, che si propongono come una forma di apertura al territorio, di coinvolgimento operativo delle comunità locali. Ogni anno realizziamo almeno un progetto, oltre a rinnovare con entusiasmo la collaborazione con il Festival Isola delle Storie di Gavoi, dove negli ultimi anni abbiamo presentato mostre innovative di autori italiani (Antonio Rovaldi, Claudia Castellucci, Diego Perrone), proponendo linguaggi visivi sperimentali in un contesto letterario e popolare. Questo va al al di là delle iniziative del Distretto culturale del Nuorese, a cui stiamo partecipando volentieri al pari delle altre realtà del territorio. Si tratta di un percorso alle prime battute, con metodi e strategie ancora da affinare.

Quali progetti avete in cantiere nel futuro prossimo? 

Abbiamo da poco inaugurato la mostra “Soggettivo-Primordiale”, dove sono presenti tutti i più importanti autori dell’espressionismo tedesco – Kirchner, Heckel, Jawlensky, Kandinsky, Marc, Nolde – con opere straordinarie provenienti dall’Osthaus Museum di Hagen. La mostra si concentra su due aspetti fondamentali: la volontà di sviluppare una nuova forma di espressione soggettiva, interiore, e la ricerca di valori primordiali, da ritrovare soprattutto nel contesto naturale. Come sempre affianchiamo alle mostre storiche dei progetti di indagine sui linguaggi del contemporaneo, come nel caso della mostra di Alessandro Pessoli, dedicata alla pittura e all’animazione. Non posso rivelare adesso il programma del prossimo anno, ma posso anticipare un evento attesissimo che apriremo a metà febbraio, la prima retrospettiva in Italia di Berenice Abbott, grande fotografa americana da poco riscoperta, storica assistente di Man Ray, conosciuta per i magnifici reportage architettonici di New York, per i ritratti dei protagonisti dell’avanguardia europea degli anni Venti e per le composizioni astratte degli anni Cinquanta e Sessanta, ispirate dalle ricerche scientifiche. Per gli appassionati di fotografia e per gli amanti dell’inedito è un appuntamento – il terzo e ultimo di un ciclo che ha portato al MAN Vivian Maier e Garry Winogrand – assolutamente da non perdere.

Il Museo Ciusa, recentemente dato proprio in gestione al MAN, ospita una sezione sul Novecento sardo. Che idea si è fatto dell’arte sarda del Novecento in confronto ad altre realtà nazionali e non? 

Al Museo Ciusa stiamo presentando un percorso sulla pittura in Sardegna nella prima metà del Novecento attraverso le opere della nostra collezione. Ci sono due punti di vista diametralmente opposti da cui valutare le vicende dell’arte sarda del secolo scorso: se ne può constatare il ritardo rispetto agli sviluppi dei linguaggi dell’arte moderna in Italia e all’estero (la pittura astratta, per citare l’esempio più eclatante, non arriva in Sardegna prima della metà degli anni Cinquanta), oppure – ed è la prospettiva più affascinante – se ne possono rivendicare l’autonomia e la specificità, il caratteristico legame con le tradizioni e i riti locali, oltre alla presenza di alcuni ingegnosi innovatori, come la meteora Fancello, Nivola per i legami internazionali, Pintori per la grafica. E ovviamente Maria Lai, straordinaria…

Che ne pensa del pittore Brancaleone Cugusi da Romana? Come mai non è presente nella sezione del Ciusa?

Brancaleone da Romana non è presente nel percorso del Museo Ciusa perché non ci sono sue opere nella collezione del museo. Ci piacerebbe averne, quantomeno per un principio di completezza, ma quelle in circolazione sono poche e fino a oggi non abbiamo avuto la possibilità di acquisirne. Non si può però dire che fosse un innovatore – un pittore di figura che ritrova Caravaggio, Zurbaran e Mancini attraverso la fotografia – ma aveva un talento naturale e un’abilità tecnica straordinaria.

Cosa ne pensa di Sciola? Come mai non ha esposto al Man quando era ancora in vita?

Pinuccio Sciola è morto prima che il MAN potesse rendergli il giusto omaggio. Un destino amaro, che purtroppo tanti artisti subiscono, anche nei più diversi contesti.

Davide Fara

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