Roberto Zoncu, dai laboratori di Yale e del MIT alla cattedra in biologia cellulare e molecolare a Berkeley

«Volevo fare lo scienziato sin da bambino e volevo farlo negli Stati Uniti». Quel sogno, per lui, è diventato realtà. Roberto Zoncu è ricercatore e docente di biologia cellulare e molecolare a Berkeley, università della California, venticinquesima nella classifica internazionale stilata qualche mese fa dal QS World University Rankings che, annualmente, individua gli 800 atenei più quotati del pianeta. Prima ancora è stato a Yale e al MIT (Massachusetts Institute of Technology), rispettivamente ottavo e primo ateneo al mondo nel 2013. Nel Connecticut ha conseguito il dottorato di ricerca, poi per cinque anni si è perfezionato a Boston. Una tra le tante eccellenze formate dall’Italia e che fanno la fortuna di un altro Paese. «Ho moltissimi colleghi sardi sparsi per gli States tanto che ho in mente di creare un’associazione “Sardinian Scientists of America”, che farà incontri annuali a base di maialetto e Cannonau», dice tra il serio e il faceto.

Trentanove anni, nato a Riola Sardo nel Sinis, Roberto ha frequentato il liceo classico a Oristano e l’università a Pisa, laureandosi in Scienze Biologiche con una tesi sperimentale condotta in un laboratorio di biologia cellulare e molecolare. «Quell’esperienza – racconta – è stata un primo assaggio di cosa significhi fare ricerca, delle sfide e delle soddisfazioni che comporta e ha rafforzato la mia convinzione d’aver trovato la strada giusta».

Fresco di titolo accademico, Roberto decide di compiere il passo successivo che aveva in mente sin da piccolo: andare negli Stati Uniti. «Dopo la laurea ho scritto varie lettere a gruppi di ricerca negli States, dove non ero mai stato, esprimendo il desiderio di lavorare duro per entrare in un programma di dottorato». Il “sì” tanto agognato, arriva da un laboratorio di neuroscienze della Yale University in Connecticut: «Ho fatto le valigie, salutato amici e parenti e son partito con un misto di malincuore e di eccitazione».

Quattordici anni dopo, lo scienziato di Riola che vanta già numerose pubblicazioni su riviste del calibro di “Nature” e “Science”, conferma la bontà di quell’azzardo calcolato: «Sono a Berkeley da un anno dove, con l’incarico di professore associato conduco il mio gruppo di ricerca indipendente e insegno biologia cellulare e molecolare. In questo periodo – continua – mi occupo di un gruppo di geni, chiamati ‘mTORC1 pathway’, che controllano la crescita di cellule e organismi. Questo processo, in apparenza semplice, è regolato in maniera molto sofisticata. Quando ci sono problemi, mTORC1, diventa un acceleratore della crescita di molte forme tumorali; inoltre è anche implicato nei processi d’invecchiamento dell’intero organismo. Il mio gruppo lavora su questi misteri. Umanamente sono cresciuto tantissimo e ho maturato uno spirito avventuroso».

Ma prima di metter mano a microscopi e vetrini, Roberto Zoncu svolge l’attività d’insegnamento: «La mia giornata tipo si svolge in due fasi: dalle nove di mattina alle cinque di pomeriggio supervisiono gli studenti che lavorano nel mio laboratorio, insegno corsi e tengo vari meetings con colleghi e personale amministrativo. Dopo le cinque ho finalmente tempo di mettere su i miei esperimenti, la parte più divertente. Spesso vado avanti sino alla mezzanotte, ma non sono l’unico; c’è sempre gente a tutte le ore».

Vivacità e scambio continuo sono un po’ il segreto di quest’alchimia apparentemente semplice che dà agli Stati Uniti uno straordinario vantaggio competitivo. «Frequentare istituzioni come Yale, MIT e Berkeley ti mette in costante contatto con persone dalle grandi capacità umane e intellettuali, dalle quali puoi imparare moltissimo ma che ti trattano come un loro pari. Inoltre s’interagisce con ricercatori che lavorano in campi molto diversi dal tuo (chimica organica, fisica teorica) e che sono esperti mondiali nelle loro discipline. Dopo tanti anni di permanenza posso confermare che gli Stati Uniti sono imbattibili dal punto di vista della ricerca e dell’innovazione scientifica e penso che lo saranno per lungo tempo. Innanzitutto si crede molto nel valore della libera investigazione scientifica che si traduce in molti finanziamenti, poi c’è maggiore abilità nel tradurre le scoperte di laboratorio in applicazioni pratiche che possono dare benefici alla collettività; infine i talenti stranieri possono contare su numerosi percorsi di avanzamento di carriera con regole chiare che esaltano la competitività e il merito. E’ un po’ lo specchio di una società molto aperta che, seppure con i suoi innegabili difetti, riesce ad accogliere e integrare persone di provenienza e cultura diversissime fra loro. Filosofia che, al pari di una lucida visione d’insieme del futuro, ha fatto la fortuna degli Stati Uniti e che – conclude Roberto – dovremmo importare in Italia e in Sardegna per uscire da questa prolungata fase di difficoltà».

Giovanni Runchina

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