Eva, Guido e Valeria raccontano il progetto Isola, un pezzo di Sardegna nel cuore di Tokyo

Dedico questo pezzo in cui si parla di isole, di conoscenza, di ponti e di migrazione ai cittadini di Lampedusa, eroi spesso silenziosi e oggi muti e quasi solitari spettatori di una tragedia che nulla ha a che fare con il senso di umanità.

Tre sardi e un nome ricorrente: isola; nessun mistero ma solo i pezzi di una storia tutta da raccontare con le loro parole. Eva Cambedda 34 anni di Nuoro, Guido Cossu 33 anni di Pozzomaggiore e Valeria Pirodda 39 anni di Cagliari, sono gli animatori di “Isola Sardegna-Giappone” (www.isolagiappone.com) l’associazione che ha l’ambizione di far conoscere la Sardegna in un’altra terra, il Giappone, circondata dal mare. Tutti vivono a Tokyo e hanno deciso di emigrare per mancanza di opportunità.

Eva Cambedda, laureata all’Orientale di Napoli e specializzata in Storia Antica del Giappone, insegna lingua e cultura italiana in vari istituti tra cui quello Italiano di Cultura: «Mi sono trasferita perché, in Italia, il sogno di diventare insegnante era quasi impossibile». Guido Cossu, laurea in Fisica a Pisa e dottorato alla Scuola Normale, è ricercatore in fisica teorica delle particelle al KEK di Tsukuba, a 60 chilometri da Tokyo. «Dopo la discussione della tesi ho ricevuto molte proposte sia in Europa sia negli Stati Uniti; la mia passione per il Giappone è stata alla fine decisiva».Valeria Pirodda, ideatrice di “Isola” fa l’operatrice turistica: «Mi sono laureata in lingue e letterature Orientali alla Ca’ Foscari di Venezia e, dopo una breve parentesi lavorativa tra Firenze e Cagliari, ho insegnato italiano a Tokyo per un anno. Sono stata anche un anno a Roma, dove ho collaborato con un tour operator nipponico che poi mi ha offerto di trasferirmi; ho accettato con grande entusiasmo».

Attratti dal Giappone ma memori delle loro radici, si sono ritrovati un po’ per caso attorno a un’idea semplice solo in apparenza: «Vogliamo creare un ponte tra questi due luoghi che si conoscono reciprocamente pochissimo. La Sardegna – raccontano – spesso non compare nemmeno nelle mappe dell’Italia; la distanza e la mitizzazione delle rotte classiche del turismo fanno il resto. Quando però raccontiamo i luoghi e le nostre tradizioni notiamo meraviglia e questo ci spinge a continuare nel progetto».

L’intuizione è stata di Valeria Pirodda: «Isola – spiega – è un nome che resta impresso ed è anche facilmente pronunciabile usando la fonetica giapponese».
Il resto è storia recente, fatta di tante iniziative tutte pagate di tasca: «Inizialmente – precisano – ci siamo concentrati sugli aspetti che riguardavano la natura, con un concorso fotografico, e sulle tradizioni culinarie, grazie a due ottimi ristoranti che ci sono a Tokyo. Per celebrare l’anno di attività, invece, abbiamo puntato sull’artigianato sardo -con una piccola mostra – e sulla cultura, invitando il jazzista Angelo Lazzeri e intervistando Milena Agus sul suo libro (Mal di pietre, ndr) tradotto da poco in giapponese. In linea di massima abbiamo gioco facile nella programmazione perché quasi tutti gli aspetti della nostra tradizione sono pressoché sconosciuti».
Il solco dei prossimi passi è già tracciato: «Intendiamo creare una connessione sempre più stretta sia facendo conoscere la Sardegna ai giapponesi, sia operando in senso contrario; noi sardi dobbiamo sapere di più su una terra che è lontana ma che mostra interesse crescente nei nostri confronti». Con una postilla, nemmeno tanto piccola: «Vorremmo fare di più ma ci serve l’aiuto delle istituzioni; abbiamo già preso contatti con la Regione e speriamo di ricevere una risposta quanto prima. I nostri sforzi – concludono – sono puramente gratuiti e spinti dalla passione per la nostra terra».

Giovanni Runchina

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