Ester Cadau, manager giramondo col cuore in Sardegna

L’aereo lo prende solitamente per lavoro e, appena può, per raggiungere più in fretta possibile la sua terra e i suoi affetti. Ester Cadau vive a Lugano o, meglio, quello è il suo indirizzo di casa perché passa la maggior parte del tempo in giro per il mondo. Cagliaritana, scuole medie a Decimomannu, studi superiori e universitari nel capoluogo dove si è laureata in scienze politiche, Ester è direttore risorse umane del gruppo Cavotec, società di ingegneria industriale con mille dipendenti e quotata al Nasdaq di Stoccolma. Precedentemente è stata in colossi del calibro di Air France e Legris.

«Il mio lavoro consiste nel definire con il Presidente dell’azienda e il Consiglio Direttivo, di cui faccio parte, la strategia e le politiche per la gestione delle risorse umane di Cavotec. Per fare tutto ciò – spiega la manager cagliaritana – devo identificare i talenti nel nostro top management, selezionare i dirigenti, strutturare e riorganizzare le risorse, cercare nuove vie di sviluppo manageriali e purtroppo alcune volte anche ristrutturare le aziende, oltre che interagire con i partner sociali. Il mio operato è basato sul dinamismo, utile ad anticipare e preparare i cambiamenti aziendali e l’impatto che queste novità hanno sul capitale umano».

Manager in carriera con un profilo internazionale, Ester Cadau ha cuore e radici saldamente nell’isola. «Torno ogni volta che mi è possibile. Sono andata via dodici anni fa, avevo conosciuto a Cagliari l’uomo che poi avrei sposato e che è francese. Mi sono trasferita nel 2001 a Parigi, dove ho vissuto per quasi dieci anni».

Esperienza che è stata un iniziare daccapo per molti aspetti: «Nella capitale francese – racconta – ho ricominciato gli studi e, nel mentre, insegnavo alla scuola Dante Alighieri. A Parigi ho frequentato l’Institut Superieur de gestion business school internazionale e ho conseguito un Business Administration degree e, in seguito, un Master in Management delle Risorse Umane e delle Organizzazioni».

Il dopo è stato un crescendo di incarichi prestigiosi, sino all’approdo in Cavotec. In Svizzera Ester trascorre poco tempo; tra le sue frequentazioni c’è un ragazzo sardo: «L’ho conosciuto durante un corso di conversazione inglese, fa il croupier al Casinò di Mendrisio. Ogni tanto ci vediamo e ci raccontiamo le nostre vite: lui mi parla di Alghero e io gli parlo di Cagliari».
La carriera, pur importante, non è tutto e non colma la nostalgia fatta di luoghi, di sensazioni e di volti: «Della Sardegna mi manca il sole, il mare, i fenicotteri, Cagliari, la vista di Santa Gilla, il vento di Maestrale, il mercato San Benedetto e gli affetti. Torno spesso, anche solo per un paio di giorni soprattutto da quando mio padre non c’è più, così ho l’impressione di sentirlo più vicino».

Ogni rientro è paragonabile a un’immersione subacquea: totale e rigenerante. «Mangio le cose tradizionali e cerco di andare a qualche sagra, insomma riprendo le abitudini di quando ero nell’isola». La Sardegna è per Ester anche rifugio sicuro, con una filigrana di malinconia: «Mi rigenera soprattutto nei periodi lavorativi più duri o nei momenti in cui la vita riserva brutte sorprese; allora mi dico che siamo come canne al vento e ricordo le frasi di Grazia Deledda Ma perché questo, Efix, dimmi, tu che hai girato il mondo: è da per tutto così? Perché la sorte ci stronca così, come canne? Sì, egli disse allora, siamo proprio come le canne al vento, donna Ester mia. Ecco perché! Siamo canne, e la sorte è il vento».

Dall’esterno, però, nota anche i difetti che riassume in poche e schiette parole: «La nostra è una terra dove tutto è statico e la minima novità è un evento di cui tutti parlano per qualche giorno; tuttavia è anche un luogo dove quasi tutto è identico anno dopo anno. Quest’aspetto, per certi versi, mi rassicura».

Per ora la vita di Ester è altrove ma lei non esclude nulla: « Oggi il lavoro mi porta in tutto il mondo e questa è un’opportunità fantastica per conoscere e capire le diversità culturali; posso scegliere ogni giorno dove voglio stare, ma non dimentico da dove sono partita e, forse un giorno, quando tutto sarà meno veloce, tornerò».

Giovanni Runchina

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