Dalla Russia all’Alabama, le storie di Francesca Mereu cronista con l’animo blues

«Il Sud è un posto che ha un’energia particolare, qui non mancano le storie da scrivere». Tra queste, sicuramente, c’è la sua che in pochi anni è passata dagli articoli su politica e servizi segreti quando viveva in Russia alla musica e al teatro ora che vive negli Stati Uniti. Da cinque anni a Birmingham, in Alabama, Francesca Mereu giornalista e scrittrice racconta e si racconta col piglio e lo stile asciutto della cronista di razza.

Nata a Nuoro, cresciuta a Irgoli, studi in lingua e letteratura russa a Firenze, ultimo anno all’università statale di Mosca per completare la tesi di laurea, incontra un giovane laureando in Fisica, Sergey, che poi sarebbe diventato suo marito. Erano i primi Anni Novanta «la Russia di quegli anni era un paese in continuo cambiamento, affascinante e pieno di storie da raccontare».
E Francesca ne appunta in continuazione sul suo taccuino inanellando collaborazioni prestigiose: corrispondente per la radio americana Radio Free Europe; sei anni al The Moscow Times, giornale in lingua inglese a Mosca dove si è occupata di politica interna e di servizi di sicurezza russi «i miei reportage sono usciti sul New York Times, International Herald Tribune, Manifesto, Diario, L’Unità e Il Fatto Quotidiano»; in mezzo, oltre dieci anni a Radio Popolare. Una parentesi, quella moscovita, densa di esperienze condensate nel libro “L’amico Putin, l’invenzione della dittatura democratica”, pubblicato nel 2011 da Aliberti Editore.

Sempre nel 2011 il trasferimento negli Stati Uniti dopo un periodo da pendolare tra Mosca e Düsseldorf dove il marito lavorava francesca-mereu-2all’università.  «Siamo a Birmingham dal mese di novembre del 2001, mio marito ha ricevuto un’offerta importante che non poteva rifiutare. L’impatto con il Sud è stato molto piacevole benché fossi spaventata, diversi miei colleghi di New York mi avevano detto che non avrei trovato molto da fare laggiù, invece è un posto dall’energia particolare dove non mancano le cose da raccontare e dove è impossibile vivere senza innamorarsi del blues e del jazz». Ma per la cronista nuorese, l’Alabama non è solo musica ma anche e, soprattutto, finestra su temi di grande attualità come quello dei diritti civili. «Collaboro con Il Blues , rivista di musica italiana, con Radio Popolare e ho anche composto due opere teatrali col titolo di Profondo Sud, racconti nati da testimonianze che trattano temi quali la schiavitù, la segregazione e la dura lotta dei neri per la conquista dei diritti civili».

Sotto questo profilo, Birmingham è miniera di stimoli molteplici: «Il lavoro non manca, perché i temi sono veramente tanti. Questo è il luogo simbolo delle lotte dei neri per la conquista dei diritti civili. Nel 1963 scesero per le strade della città, guidati da Martin Luther King, per chiedere libertà e pari diritti. La risposta della polizia fu così violenta che, dopo aver visto le immagini in TV e sui giornali, il presidente John Kennedy presentò al Congresso il disegno di legge che nel 1964 avrebbe bandito ogni tipo di discriminazione. A Birmingham, come nel resto del Paese, le tensioni razziali però esistono ancora. I bianchi hanno paura dei neri e i neri non si fidano dei bianchi. Ognuno – continua Francesca – vive tendenzialmente nei rispettivi quartieri. Le scuole pubbliche migliori continuano a essere nelle zone abitate dai bianchi e in America si può frequentare solo quella del quartiere in cui si vive. Se un nero compra casa in un quartiere bianco, i bianchi si preoccupano perché il valore dell’abitazione potrebbe deprezzarsi a causa del colore della pelle del vicino. Per questo hanno escogitato tanti piccoli trucchi per scoraggiare la mobilità. Uguali, ma separati, si dice da queste parti, motto che vale per tutto il Paese. Avere la pelle bianca in America aiuta tantissimo, perché i lavori migliori vanno sempre ai bianchi: in inglese si chiama “White privilege”. I neri per riuscire ad avere successo devono faticare quattro volte tanto».
La scrittura è compagna quotidiana e strumento per disegnare il futuro: «Ho sempre una persona da intervistare, un posto da raggiungere, vado spesso nei paesini perché lì si trovano le cose più belle e interessanti. Ecco la musica e le persone sono l’aspetto più piacevole del Sud che per il resto è faticoso da vedere dato che i mezzi pubblici sono quasi inesistenti e per viaggiare è indispensabile la macchina. Attualmente mi sto dedicando a un libro di racconti nel quel vorrei spiegare agli italiani questa parte d’America ricca di contraddizioni e di bellezza, sono arrivata a metà dell’opera ma spero di concludere il progetto al più presto».

Giovanni Runchina

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