A 34 anni tra i “saggi” del governo Cameron, Alice Pilia racconta la sua esperienza a Londra

Da Downing Street, dove andava ogni giorno l’anno passato, a Horse Guards con un incarico di peso e di prestigio: riformare il sistema legislativo britannico. Alice Pilia è l’unica straniera ammessa nel team di otto super esperti, età media sotto i 40 anni, chiamati a dare corpo e gambe a Good Law, il programma che si prefigge l’obiettivo di rendere più semplici e comprensibili le leggi statali. «Good Law – spiega – è legislazione chiara, necessaria e accessibile, pensata per agevolare l’utente e non confonderlo. Il percorso è nato da alcune idee che ho presentato l’anno scorso dopo aver condotto un’analisi di cause e conseguenze dell’eccessiva complessità del corpus legis britannico. I miei interlocutori principali sono i due rami del Parlamento, gli archivi di stato (National Archives) responsabili per la pubblicazione delle norme, e ovviamente i cittadini che vogliono comprendere ciò che li riguarda senza dover ricorrere all’aiuto di un legale. È un progetto piuttosto ambizioso perché la Gran Bretagna, come la maggior parte dei paesi europei, deve fare i conti con una quantità enorme di leggi, spesso complicate da consultare e difficili da interpretare».

Originaria di Ussana, 34 anni, studi superiori allo United World College of the Adriatic (collegio internazionale di Duino, vicino a Trieste ndr), Alice ha poi conseguito la laurea in Scienze Politiche alla Luiss di Roma e si è infine specializzata in Sviluppo Economico Locale alla London School of Economics. A Londra ci vive stabilmente dal 2004.

Prima di essere arruolata nella pattuglia di specialisti che lavorano gomito a gomito col primo ministro David Cameron e il suo vice Nick Clegg nell’ambiente di lavoro che è l’equivalente italiano di Palazzo Chigi, Alice ha maturato importanti esperienze nelle amministrazioni di Barcellona e di Londra e per l’organizzazione internazionale Glocal Forum dove si è specializzata in sviluppo economico locale e collaborazione decentrata. Nel 2008 è entrata a far parte del civil service britannico.

«Alla fine il mio compito è analizzare problemi, prospettare varie opzioni per risolverli, e dare consigli in merito al ministro responsabile, proponendo soluzioni che abbassino i costi per lo Stato e per i cittadini, senza compromettere i risultati di lungo periodo. Mi capita di lavorare su fronti diversi: dalle riforme costituzionali ai problemi di salute pubblica, passando per quelli di educazione o di welfare. Questa varietà mi consente di acquisire sempre nuove competenze. A seconda dei progetti, agisco come advisor unico in squadre già formate, oppure devo metterne in piedi una specifica. Talvolta devo misurarmi nel governare situazioni inaspettate: la pressione è alta ma è sicuramente uno degli aspetti più eccitanti e stimolanti del mio ruolo. La tempistica, perciò, varia molto».

Un pallino, quello del servizio pubblico, che ha ereditato dai genitori:«Mio padre Ugo ha ricoperto vari ruoli nell’ambito della sanità, mentre mia madre Angela è direttore amministrativo degli istituti comprensivi di Donori e di Villasor».

Passione che assieme alle competenze e al merito le hanno permesso di arrivare ai vertici dell’amministrazione inglese: «Ho visto un annuncio sul giornale, mi sono informata e poi ho inviato una domanda; poco dopo ho sostenuto alcuni colloqui e a conclusione dell’iter ho ricevuto l’offerta. Non so se avrei avuto la stessa opportunità anche in Italia e, sinceramente, penso che sarebbe quasi impossibile per uno straniero avere un ruolo simile a Palazzo Chigi. La mia situazione non è comune – aggiunge Alice – tuttavia l’approccio britannico è molto pragmatico per cui se hai passione e capacità la nazionalità non è un problema. Sulle riforme l’opinione pubblica è molto attenta e gli elettori si attendono sempre trasparenza e chiarezza, diversamente puniscono il governo alle urne. Perciò si fanno molte consultazioni pubbliche a scopo informativo e al fine di creare un dibattito. Questo non significa che le polemiche, le critiche o i fallimenti non esistano anche qui; la sanità e l’istruzione pubblica, ad esempio, sono forse più problematiche rispetto all’Italia e la disparità di reddito è tra le più alte d’Europa. Per quanto riguarda l’Italia e la Sardegna, noto un incredibile potenziale culturale e socio-economico che fatica a emergere e ammiro il talento di coloro i quali, quotidianamente, s’impegnano a fornire servizi adeguati nel nostro Paese e nella nostra regione pur avendo a disposizione risorse scarsissime. Mi piacerebbe – conclude Alice – che questo enorme potenziale potesse concretizzarsi appieno».

Giovanni Runchina

 

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