Un’immagine, un documentario. E il futuro dei bambini

Facevano un’impressione speciale le immagini dei telegiornali di oggi: sono immagini destinate a passare alla storia. Le vedremo e le rivedremo anche tra molti anni nei documentari. Le rivedranno i nostri figli e i nostri nipoti, tutti i bambini di oggi.

In Italia abbiamo sviluppato la capacità speciale di riconoscere fin dall’infanzia le immagini destinate a entrare nella storia. Ogni generazione ha le sue. Per i più anziani sono le foto sgranate dell’attentato a Togliatti, per i cinquantenni sono quelle in bianco e nero della strage di piazza Fontana, per i quarantenni è il corpo di Aldo Moro rannicchiato nel bagagliaio della Renault rossa, per i trentenni il massacro alla Diaz. Naturalmente nelle nostre memorie generazionali non ci sono solo immagini tragiche, ce ne sono anche di felici, come l’esultanza di Sandro Pertini al Mundial dell’82. La caratteristica di quelle tragiche non è l’unicità, ma il filo che le lega: tutte riguardano momenti nei quali sono stati messi in qualche modo in discussione i principi democratici. Vedendole da bambini, abbiamo percepito l’apprensione dei grandi. Per questo ci sono rimaste impresse.

Così quando oggi le rivediamo in un documentario – proprio perché il documentario le ‘storicizza’ – quelle immagini ci turbano e assieme ci rassicurano: da loro, infatti, abbiamo un riscontro della saldezza della democrazia. La loro collocazione in un documentario storico ci dice che quel tempo è passato.

La domanda è: quando i nostri figli e i nostri nipoti rivedranno ‘storicizzata’ l’immagine dei parlamentari del Pdl schierati sulla scalinata del Palazzo di Giustizia di Milano a presidio del disonore di Silvio Berlusconi?

Qua ne pubblichiamo un particolare (un adattamento di “Dov’è Wally?” per Sardina Post) dove si notano tre parlamentari sardi, Salvatore Cicu, Emilio Floris e Mauro Pili.

Noi sardi siamo pochi e più o meno, direttamente o indirettamente, ci conosciamo tutti. Vedere in quella situazione tre persone conosciute aiuta a capirla meglio. Ecco, conoscendo Cicu, o Floris o Pili, qualcuno pensa che veramente possano credere che Berlusconi fosse in buona fede quando sosteneva con la questura di Milano che Ruby era la figlia di Mubarak? O che il senatore De Gregorio passò al Pdl per ragioni ideali? Naturalmente no: Cicu, Floris e Pili non sono tre imbecilli. Eppure erano là, sull’attenti, a cantare Fratelli d’Italia ‘contro’ la magistratura.

(Tra parentesi: trovandoci per altri motivi a Milano, abbiamo avuto la ventura di prendere lo stesso aereo di ritorno a Cagliari dove si trovavano Cicu e Floris. Pili non c’era, forse per non perdere l’abitudine era andato a visitare qualcuno a San Vittore. Per umana solidarietà abbiamo evitato di avvicinarli. Ma ne abbiamo osservato il tratto mesto e rassegnato di chi si è svegliato all’alba e ha perso una giornata intera per una pericolosa pagliacciata. E in quel momento ci è anche venuto in mente che esiste l’astratta possibilità che una “immagine storica” possa anche morire prima di nascere se i suoi protagonisti hanno un improvviso sussulto di autonomia e anche di coraggio e si staccano dal gregge. Ma sono sogni…)

Dunque quanto tempo ci vorrà prima che questa immagine entri nei documentari? Il nipotino di dodici anni che che poco fa l’ha vista al tg potrà riderci sopra fin dalla terza media o dovrà attendere l’esame di maturità? E, soprattutto, siamo certi che verrà il giorno in cui potrà e vorrà riderci sopra? O quell’immagine – nell’immancabile futuro documentario – sarà in una sequenza di altre prossime immagini molto meno buffe del coro della banda del Nabucco schierata sulla scalinata di Corso Porta Vittoria?

Non c’è una risposta. Con gli elementi di cui disponiamo oggi possiamo scrivere sceneggiature di documentari molto diversi tra loro, sia per il contenuto, sia per l’anno di messa in onda.

Possiamo immaginare di assistere assieme al nipotino alla prima del documentario tra appena un anno. E di vedere, subito dopo questo turpe fotogramma, quelli dell’elezione di un capo dello Stato nuovo e sorprendente. Di un governo che in due mesi fa una legge elettorale che ridà ai cittadini il potere di decidere, li riporta a votare e così riporta il paese alla normalità. E’ finita. Berlusconi è andato a curarsi la congiuntivite ad Antigua, i politici della prima e seconda Repubblica sono i pensione senza vitalizi, Beppe Grillo, sereno e soddisfatto, è tornato fare il comico, D’Alema partecipa alla Coppa America e Bersani lancia una linea di smacchiatori per leopardi. L’Italia risorge. Una nuova generazione prende il potere. E con ferma saggezza si riprende quello che le è stato tolto. I nostri migliori cervelli tornano in Italia e in Sardegna. Siccome le risorse sono poche, gli amministratori della cosa pubblica l’amministrano con le cura e la parsimonia e l’equità di buoni padri di famiglia.

Oppure possiamo immaginare quegli stessi visi non più sulla scalinata del tribunale di Milano, ma a Roma, fuori dal Quirinale, a gridare che bisogna correre a votare perché il governo non c’è e che dunque si vada a votare col porcellum per salvare il Porcellum. E infatti si va a votare e la propaganda che ormai usa senza freni tutte le sue tv e tutti i suoi denari, perché non si è fatta alcuna legge per eliminare il conflitto d’interessi, convince il Paese ormai commissariato dall’Europa e allo stremo che Lui e solo Lui è la salvezza. E il Paese ci crede perché gli altri, quelli sui quali si era riversata la speranza di cambiare, non hanno saputo combinare nulla.

Allora, forse, il turpe fotogramma, nostro nipote lo vedrà anche molto presto nei documentari, ma quelli di celebrazione del regime, o comunque l’avranno chiamato.

Quando finalmente lo potrà rivedere ‘storicizzato’ avrà la nostra età di oggi. Noi non ci saremo più da tempo, ma lui non proverà alcuna nostalgia.

Giovanni Maria Bellu

 

 

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