Salvini e l’errata profezia dei 15 minuti: la Sardegna resta con una ‘Giunta mini’

Sei italiani su dieci dicono di apprezzare Matteo Salvini. Ma come vate della politica sarda il ministro-vicepremier si è rivelato poco attendibile. Era il 29 febbraio scorso quando il capo politico della Lega, in visita nell’Isola subito dopo il voto delle Regionali, ostentò una certa sicurezza nell’affermare che il centrodestra avrebbe fatto la Giunta in quindici minuti. Quin-di-ci. Invece dal 26 marzo, giorno in cui la Corte d’appello di Cagliari ha proclamato eletti il presidente Christian Solinas e i sessanta nuovi consiglieri regionali, di minuti ne sono passati ben 30.240.

La coalizione a trazione Lega-Psd’Az è in evidente difficoltà. L’annunciato Esecutivo da dodici è al momento sostituito da una mini Giunta da cinque. Fanno sei con lo stesso Solinas (che ha tenuto per sé sette deleghe). È l’esatta metà della squadra al completo, la cui formazione è ormai rinviata a dopo Pasqua. Anzi: a dopo Pasquetta.

A Solinas è certamente capitato un battesimo di fuoco: il centrosinistra gli ha lasciato in eredità la patata bollente della continuità territoriale aerea (sebbene il Pd mal tollera che gli venga addossata la colpa). La rissa tra Air Italy e Alitalia sta infatti obbligando il governatore a fare la spola con Roma, visto che oggi scade il bando 2017-2019. Per di più la Commissione europea si è messa alla finestra di quello strano cortile che è il punto di equilibrio tra aiuti di Stato, diritto alla mobilità e tutela della libera concorrenza.

Tuttavia al centrodestra – e qui poggia il fastidio dell’opinione pubblica – sembra importargliene poco (o nulla) delle tariffe scontate per i sardi. La coalizione è totalmente ripiegata sulla spartizione delle poltrone e Solinas non sta trattando con gli alleati nella convinzione che sia questa la strada per indebolirli. In realtà si ricava una sensazione opposta: da un lato emerge la distanza sempre maggiore tra il governatore e i partiti sull’Aventino; dall’altro la Regione sembra abbandonata a se stessa con cinque assessori anziché dodici. E siccome i trasporti non sono l’unica emergenza da affrontare in Sardegna, se lo spirito menefreghista è la cifra della coalizione, diventa concreto il rischio di una legislatura segnata da continui cortocircuiti politici. Anche perché ai cittadini non interessano i tatticismi. Gli elettori vogliono i risultati. E anche subito.

Le prime tre settimane del centrodestra al governo dell’Isola ricordano le ultime dell’Ulivo: Romano Prodi aveva imbarcato di tutto per battere Silvio Berlusconi, riuscendoci nel ’96 e nel 2006. Ma la seconda volta pagò a carissimo prezzo il fatto di aver allargato la coalizione tanto all’Udeur quando ai comunisti di Rifondazione. Come sommare le mele con le pere. Bastò infatti l’avviso di garanzia a Clemente Mastella e famiglia (l’accusa era concussione poi riformulata in induzione indebita) per far dimettere l’allora Guardasigilli che risucchiò fuori da Palazzo Chigi anche il Professore, sfiduciato in quella drammatica seduta in Senato del 24 gennaio 2008. Anche il centrodestra sardo risulta troppo ampio: undici partiti da accontentare sono di per sé una scalata dell’Everest. Specie se rapportata al contributo elettorale dato (basti pensare che i leghisti, i primi della classe, sono rimasti sotto il dodici per cento).

Magari i prossimi mesi daranno ragione a Solinas e agli alleati. Magari dopo Pasquetta il centrodestra riuscirà a inventarsi una super squadra di governo. Ma per ora a venire fuori è solo un pericoloso gioco di ruolo che sta spingendo la coalizione nell’imbuto dell’inerzia. Un logorio fine a se stesso. Solinas, rispetto al suo metodo, ha ceduto sulle competenze, sui consiglieri-assessori e sull’ingresso in Giunta dei primi non eletti. Ma gli alleati non sono stati conseguenti nel dare segnali di apertura sul completamento della Giunta. Non solo: le opposizioni in Consiglio regionale, finora indulgenti, hanno cominciato a mettere la testa fuori dopo la sconfitta elettorale, accumulando il primo materiale utile per alzare la voce.

In politica vale una regola, tra le tante: le elezioni si vincono anche con la complicità di un avversario litigioso, come il centrosinistra ha dimostrato di esserlo in cinque anni. La fiducia degli elettori, invece, si può perdere per autolesionismo, senza l’aiuto di nessuno. Solinas e il centrodestra usino le feste pasquali per ricucire lo strappo. Non c’è molto tempo da perdere, se l’interesse per i sardi e la Sardegna, come nel refrain più in voga, è realmente una priorità.

Alessandra Carta

 

 

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