L’Ogliastra “zona franca costituzionale”

E’ una perfetta sintesi (involontaria) della precedente legislatura del consiglio regionale e di uno dei suoi prodotti più sgangherati, la “nuova legge elettorale” attraverso la quale il prossimo 16 febbraio i sardi sceglieranno il presidente della Regione. Si tratta del “giallo delle quote rosa” che ieri ha messo in agitazione le segreterie dei partiti esclusi dalla circoscrizione dell’Ogliastra.

Ma andiamo con ordine. E torniamo per un momento alla scorsa primavera-estate quando il consiglio regionale si trovò a dover decidere come adeguare la nuova legge elettorale all’obbligo di garantire un’adeguata rappresentanza di genere nell’assemblea. Qualcuno ricorderà che l”ipotesi di introdurre la “doppia preferenza di genere” – cioè lo strumento che avrebbe dato una garanzia certa di una rappresentanza equilibrata – fu bocciata col voto segreto richiesto dall’alfiere dei consiglieri maschi Mario Diana. Le associazioni delle donne protestarono vibratamente e, alla fine, la questione fu risolta con un compromesso al ribasso: la norma che impone ai partiti di non mettere in lista più di due terzi di candidati dello stesso sesso.

Attenzione. Non si trattò di un atto di “generosità” (una generosità comunque molto spilorcia). Si trattò dell’adempimento di un obbligo sancito dalla legge costituzionale approvata all’inizio del 2013 che, nel determinare la riduzione del numero dei consiglieri sardi da 80 a 60, stabilì che la nuova disciplina elettorale (necessaria dopo la riduzione) “al fine di conseguire l’equilibrio tra uomini e donne nella rappresentanza” avrebbe dovuto promuovere “condizioni di parità nell’accesso alla carica di consigliere regionale”.

Prescrizione nient’affatto “rivoluzionaria” e nemmeno innovativa, ma l’enunciazione di un principio introdotto fin da dieci anni prima (nel 2003) con la revisione dell’articolo 51 della Costituzione che oggi recita:  “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.

E’ chiaro dunque che la norma dei “due terzi” della nuova legge elettorale non è altro che l’adempimento (parziale) di un obbligo costituzionale. Parziale perché c’è chi autorevolmente sostiene che “uguaglianza” significa 50 e 50 o, come minimo, 40 e 60. In ogni caso, in assenza di una norma che garantisse una quota di rappresentanza alle donne, la nuova legge elettorale sarebbe nata viziata, illegittima, destinata a essere invalidata dalla Consulta.

Vediamo ora come è formulata questa norma, che è all’origine del “giallo delle quote rosa” in Ogliastra. Recita il comma 4 dell’articolo 4: “In ciascuna lista circoscrizionale, a pena di esclusione, ciascuno dei due generi non può essere rappresentato in misura superiore a due terzi dei candidati; si arrotonda all’unità superiore se dal calcolo dei due terzi consegue un numero decimale”.

Evidentemente i nostri legislatori regionali si sono posti la domanda: e se i posti in lista non sono un multiplo di 3 cosa si fa? Già, perché se sono 3 o 6 o 12 etc il calcolo dei due terzi è facile. Ma se sono per esempio 10, i posti riservati alle donne devono essere 3 o 4? Anche qua, evidentemente ha prevalso una certa “tirchieria di genere”. Infatti, come si è visto, la norma stabilisce che “se dal calcolo dei due terzi consegue un numero decimale,  si arrotonda all’unità superiore”. Nel caso di 10, i due terzi sono 6,66 periodico e dunque – arrotondando alla famosa “unità superiore” – si arriva a 7. Dunque 7 posti a un” genere” (che poi è sempre quello maschile), 3 posti all’altro (le donne).

Ma in Ogliastra i posti sono solo 2. E che cifra corrispondente ai due terzi di 2? Facile: 1,33 periodico. Dunque, arrontondando, si ritorna a 2. Ineccepibile. Attraverso questo calcolo si è arrivati alla conclusione che le liste oglistrine dove sono presenti soltanto maschi non costituiscono alcuna violazione della legge regionale. E sono regolari. Se dovessero essere escluse sarà per altre ragioni burocratiche. Ma non per la violazione delle “quote rosa”.

Il fatto è che il sospiro di sollievo tirato dai loro presentatori rischia di essere di breve durata. Perché l’interpretazione letterale (aritmetica) del comma 4 dell’articolo 4 porta a un risultato paradossale: che la norma a garanzia della rappresentanza di genere in una circoscrizione elettorle sarda, quella dell’Ogliastra, in realtà non la garantisce affatto. E che dunque in una regione della Sardegna i principi contenuti sia nella legge costituzionale che ha ridotto il numero de consiglieri, sia nella Costituzione, non sono rispettati. Cosa dirà la Consulta di questa “zona franca costituzionale” sorta a sorpresa nella Sardegna sud orientale?

E viene da domandarsi che cosa, nel frattempo, ne diranno le elettrici (e magari anche gli elettori maschi). Infatti – al di là dei calcoli aritmetici e della formulazione della norma – qua si sta parlando di atti che sono nella piena disponibilità delle forze politiche. Che avrebbero potuto, nella compilazione delle liste, tener conto della ratio della legge (appunto garantire la parità di genere) e non attenersi all’ambigua e probabilmente incostituzionale lettera del quarto comma dell’articolo 4. Anche per questo il giallo delle quote rosa in Ogliastra è una perfetta metafora dell’appena defunta legislatura. E di una politica incapace di guardare al di là del naso dei suoi interessati protagonisti.

G.M.B.

 

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