Ecco perché i sardi devono ringraziare il sindaco pentastellato di Assemini

Tutto sommato si deve essere grati al sindaco grillino di Assemini, Mario Puddu, che ha esposto sulla facciata del palazzo del Comune uno striscione con la scritta “il mio voto conta”, lo slogan inventato dal “capo politico” Luigi Di Maio dopo l’inglorioso fallimento del tentativo di trascinare il Movimento 5 Stelle in un patto, anzi in un “contratto”, di governo con la Lega di Matteo Salvini. Con questo piccolo gesto, il sindaco di Assemini (che da più parti è indicato come il più probabile candidato al governo della Sardegna nelle Regionali del prossimo anno) non solo ha reso pubblica la sua idea delle istituzioni, ma ha fornito un nuovo elemento per comprendere quanto è successo nei giorni scorsi a Roma. È sufficiente sostituire il palazzo comunale di Assemini col palazzo del Quirinale.

Ad Assemini un edificio pubblico, che appartiene a “tutti i cittadini”, come avrà detto mille volte il sindaco Puddu, è stato trasformato nella bacheca privata di un’organizzazione politica. A Roma la prima carica dello Stato è diventata il bersaglio su cui scaricare la responsabilità del fallimento di un accordo contro natura attraverso il quale si è tentato di sommare i consensi ottenuti da due forze politiche portatrici di proposte incompatibili tra loro – come la flat tax e il reddito di cittadinanza – e unite solo dall’idea di aver vinto le elezioni. Idea, tra l’altro, non del tutto condivisa visto che ognuna si proclama vincitrice assoluta: il Movimento 5 Stelle per aver ottenuto da solo il maggior numero di voti, la Lega sommando i propri a quelli della coalizione.

Tuttavia, al netto della grottesca richiesta di impeachment, è legittimo domandarsi se il presidente Sergio Mattarella abbia “fatto bene” a esercitare fino in fondo le sue prerogative col suo no a Paolo Savona. Se cioè avrebbe procurato maggiori danni al Paese l’allarme dei mercati per la nomina a ministro dell’Economia dell’inventore del “piano B” per l’uscita dell’Italia dall’euro o se ne stia provocando di peggiori lo spettacolo di questi giorni: un Paese dilaniato da una lotta fratricida della quale non si vede la fine.

Ma è un dubbio a posteriori. Non era facile per Mattarella immaginare che i leader di due forze politiche – che negli incontri privati si mostravano ragionevoli e rispettosi – appena usciti dal Quirinale l’avrebbero pubblicamente delegittimato. Che, cioè, avrebbero tradito non solo il loro ruolo pubblico, il loro dovere di responsabilità, ma anche le regole basilari di lealtà che da sempre guidano le relazioni istituzionali. Forse è stato ingenuo. Non ha capito con chi aveva a che fare.

Ecco perché bisogna essere grati al sindaco di Assemini. Con questo suo piccolo gesto l’ha chiarito fino in fondo. E c’è la speranza che prima o poi capisca che a contare è il voto di tutti, non solo il suo.

G.M.B.

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