Non un altro Mura e nemmeno un Cappellacci: le Suppletive come riscatto

Se la classe dirigente che in Sardegna guida partiti e movimenti ha davvero capito cosa vuole fare da grande, l’occasione per dimostrare la maturità acquisita è dietro l’angolo: entro la terza settimana di dicembre andranno presentate le candidature per le suppletive del 20 gennaio 2019 che a Cagliari e in altri sette Comuni faranno nuovamente aprire le urne delle Politiche. Sarà assegnato lo scranno di Montecitorio lasciato vuoto da Andrea Mura, l’assenteista accusato di bigiare i lavori dell’aula da un altro campione di mancate presenze, Ugo Cappellacci, per poi essere costretto alle dimissioni da quegli stessi Cinque Stelle che a vele spiegate lo avevano ingaggiato nel proprio firmamento anti-casta, pochi mesi prima.

La storia, va da sé, non è stata felice. Comunque la si guardi. Dal fronte Mura, ancora non capisce come a un rappresentate delle istituzioni da 5.346 euro netti al mese – più i 3.503 di diaria insieme a vari altri benefit su costi telefonici e trasporti -, sia venuto in mente di affermare che “l’attività politica si può svolgere anche da una barca”. Come fosse il messia di una versione marinaresca del Parlamento dopo quella automobilistica regalata da Berlusconi nel 2007, quando dal predellino della sua Audi annunciava in piazza San Babila la nascita del Pdl (e del maggioritario in Italia). Parimenti sul versante Cappellacci: solo uno spregiudicato avventore della politica può dare prova di così poca onestà intellettuale reclamando per gli altri, e non anche per se stesso, il dovere della presenza. In un bulimia da social network data in pasto agli elettori-seguaci senza nemmeno il digestivo della coerenza.

I partiti col vizietto di ignorare il curriculum dei propri candidati hanno un mese di tempo per trovare il riscatto. Per presentare ai cittadini qualcosa di più interessante di un velista con la pretesa dell’impunità sulle assenze, per il solo fatto di solcare gli oceani accompagnato dalla bandiera dei Quattro Mori, come se l’esibizione della sardità, piuttosto in voga di questi tempi, bastasse da sola per garantirsi l’altrui compiacimento. Né alle urne sarà più accettabile la volgarità politica esibita da un ex presidente di Regione che a febbraio 2014, a mandato praticamente scaduto, aveva dato l’ennesima prova del suo senso delle istituzioni mettendo il sigillo a un farlocco Piano paesaggistico dei sardi. Un Pps, così l’acronimo, approvato senza l’obbligatoria valutazione di impatto ambientale, quindi ben sapendo che si trattasse di spicciolo populismo per incassare, col richiamo del cemento facile anche sotto costa, una manciata di voti in più.

Alla politica sarda non si chiede rettitudine: quella – lo si dà per scontato – è un valore individuale e non negoziabile che prescinde dall’esercizio del potere. Dalla politica sarda ci si aspetta semplicemente qualcosa di diverso dalla coazione a ripetere.

Alessandra Carta

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