Le due facce del pregiudizio

Da domani in edicola il nuovo numero, l’ottavo, di SardiniaPost Magazine. Ecco l’editoriale integrale del direttore Giovanni Maria Bellu.

Nella sezione shop del sito (www.sardiniapostmagazine.it) la possibilità di acquistare gli arretrati, abbonamenti, o le copie digitali.

Gli stereotipi e i pregiudizi somigliano straordinariamente all’umanità che li genera. Proprio come gli esseri umani, possono produrre meraviglie o catastrofi, la commedia dell’arte o l‘apartheid, grandi risate o immani tragedie. Si tratta di materiale da maneggiare con cura. Infatti abbiamo ragionato a lungo prima di decidere di realizzare un sondaggio sul “carattere dei sardi”. C’era il rischio di consolidare certi stereotipi tra i ”continentali” e di urtare la suscettibilità dei sardi (non, sia chiaro, perché i sardi siano più suscettibili!).
Nelle pagine che seguono – con l’aiuto di Michele Casula di Ergo research, l’istituto al quale ci siamo rivolti – lo spieghiamo nei dettagli. Ma, in parole povere, se alla fine abbiamo ritenuto che si potesse realizzare un servizio giornalistico capace di far riflettere e sorridere (come l’illustrazione di Tarquinio Sini che abbiamo scelto per la copertina), è stato perché abbiamo individuato un metodo. Si trattava prima di tutto di chiarire che un sondaggio di questo genere non ha la pretesa di dire come sono i sardi, ma solo di acquisire qualche elemento per comprendere chi credono di essere (e cosa gli altri italiani pensano di loro). Si doveva poi spiegare che questi “caratteri originali”, come li chiamano gli antropologi, non differenziano i singoli appartenenti a una comunità dagli individui che appartengono ad altre comunità, ma sono comportamenti, usanze e abitudini che, come ci dice Pietro Clemente nell’intervista di commento al sondaggio, comprendono le forme dell’habitat, le usanze sociali, il lavoro. In definitiva, una comunità non può essere rinchiusa dentro una cornice, e individui di comunità tra loro lontanissime possono avere maggiori affinità caratteriali di due vicini di casa o di due fratelli.
Questa ovvietà scientifica, non è affatto tale in relazione al modo che ognuno di noi ha di vedere il prossimo. Anche il campione mondiale di politically correct ha dei pregiudizi e, del resto, c’è chi li considera un indispensabile elemento di economia cognitiva che ci aiuta ad agire nei diversi contesti. Certo, le persone si differenziano per capacità di tenerli sotto controllo, respingerli, rimetterli in discussione. Ma esistono e sono fortemente radicati. Di tutte le persone che sono state chiamate a rispondere al sondaggio – e a quantificare con un voto da 1 a 100 la misura in cui un determinato tratto caratteriale è presente tra i propri corregionali – nessuno ha trovato la richiesta “strana”. Diamo per scontato che questi tratti caratteriali esistano. Chiunque, del resto, può sperimentarlo. Provate a domandare: “Secondo te come sono i sardi?”. Vedrete che le risposte si divideranno tra “testardi” e “ospitali”. Come, puntualmente, è accaduto nel nostro sondaggio.
Non solo. Siccome il campione degli intervistati era composto anche da “continentali” (e a ogni intervistato è stato chiesto di dare un voto ai propri corregionali), è emerso che questa adesione ai pregiudizi è generalizzata. I lombardi si ritengono efficienti, i napoletani creativi (e gli abitanti delle altre regioni confermano le attribuzioni a loro di tali primati). Anche se poi, chiamati a dare un giudizio su se stessi, su se stessi come individui, gli intervistati si sono tutti allontanati dagli stereotipi. Ognuno di noi ritiene, giustamente, di essere unico. Quando arriveremo a comprendere che il nostro prossimo è composto di individui unici come noi, avremo risolto uno dei più grandi problemi dell’umanità. Non pare, a leggere le cronache di questi anni, che siamo sulla buona strada.
Anche per questo i pregiudizi e gli stereotipi fanno nuovamente paura. Solo una delle persone che abbiamo interpellato non è stata al gioco. Una reazione che ci ha sorpreso e anche un po’ spiazzato. Perché alla scrittrice Maria Giacobbe abbiamo presentato la questione del “carattere dei sardi” attraverso la via più nobile, quella della “identità”. Che è un concetto distinto da quello di “tratto caratteriale”, pur appartenendo alla stessa famiglia allargata. Attiene alla cultura e alla storia di un popolo e in Sardegna, è sempre stato un concetto progressivo. L’identità è, per esempio, il sardismo antifascista di Emilio Lussu. E Maria Giacobbe è la figlia di Dino, uno degli uomini che con Lussu fondarono il Partito sardo d’Azione. Ma – dal punto d’osservazione dei suoi quasi novant’anni e di una vita trascorsa per buona parte fuori dalla Sardegna e spesso in giro per il mondo – ha voluto parlare soprattutto dell’abuso del concetto identitario. E del pericolo che venga utilizzato per costruire nuovi muri. Una paura planetaria, che in nulla contraddice il suo amore per la Sardegna. Qualche giorno dopo quell’incontro, Maria Giacobbe ci ha inviato una tenerissima mail per dire di aver gioito alla notizia della vittoria di Fabio Aru a La Planche des Belles Filles.

 

L’illustrazione è di Tarquinio Sini ‘Purosangue sardegnolo’ 1928-30, per gentile concessione della casa editrice Ilisso (Nuoro).

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