La barzelletta di Ugo M. e lo “Stato patrigno”

Potrà apparire incredibile, ma sulla barzelletta di “Ugo Merda” (che altri organi d’informazione pudicamente chiamano “barzelletta di Giancarlo Merda”) si è aperto un dibattito nell’ex Pdl. Tra chi ritiene che si sia trattato di una gaffe e chi è convinto che Berlusconi l’abbia fatto apposta. Perché non ha dimenticato che Cappellacci qualche tempo fa parve essere sul punto di “tradire”. Problema che Ugo, con rispetto parlando, ha ben presente, tanto che in un passaggio del suo discorso ha tenuto a chiarire di non avercela mai avuta con Silvio, ma solo con lo “Stato patrigno” e certi ministri che non facevano gli interessi della Sardegna.

Trattandosi di una questione interna a un mondo che non conosciamo, possiamo limitarci a offrire al confronto alcune considerazioni fondate su elementi di fatto. Cioè sulla spiegazione della barzelletta.

E’ del genere che ha fatto la gioia di tutti noi negli anni felici delle scuole elementari. Un mix tra il “Fantasma Formaggino” e “Sotto il ponte di Melacca c’è Pierin che fa la cacca”. L’effetto umoristico scatta nel momento in cui l’ascoltatore – che ha atteso con trepidazione di conoscere il nuovo cognome di mister Merda – apprende che il cambiamento è avvenuto solo nel nome. La morale pare essere: chi è una merda, con rispetto parlando, merda rimane. Ma questo è un problema filosofico che esula dalle nostre competenze.

Ci siamo così concentrati sul nome, la cui scelta è totalmente a disposizione del barzellettiere. Infatti, qualunque nome si decida di utilizzare, sia in partenza sia in arrivo, il senso non cambia. Berlusconi è partito da “Giancarlo” per arrivare proprio a “Ugo”. Perché? Nella risposta a questa domanda c’è la soluzione dell’enigma.

Quanto alla scelta di Giancarlo non abbiamo elementi a disposizione. Nell’ambiente berlusconiamo conosciamo solo Giancarlo Galan, ex governatore del Veneto, e non sappiamo di che considerazione oggi goda presso il padrone di Forza Italia. Quanto a Ugo, ci siamo informati.

E’ un nome di origine germanica (Hugo). Deriva da “hug” che significa- “mente”, “cuore”, “spirito perspicace”. Ha avuto speciale fortuna in Francia per via di Ugo Capeto, il capostipite della dinastia dei Capetingi. Viene declinato in vari modi un po’ in tutte le lingue, basti dire che in Inghilterra è all’origine di una novantina di cognomi tra i quali Hughes, Howe, Hudson, Hewitt e Hutchins. Ha una buona quantità di ipocoristi, cioè di diminutivi, alcuni diffusi fin dal Medioevo: Hughie, Hewie, Huey. Ma anche Hudd e addirittura “Hudde”, che qui da noi in Sardegna evoca uno dei principali luoghi di culto del berlusconismo.

In Italia non è diffusissimo. Non compare nella classifica dei primi venti nomi più utilizzati (Giuseppe, Giovanni, Antonio, Mario, Luigi, Francesco, Angelo, Vincenzo, Pietro, Salvatore, Carlo, Franco, Domenico, Bruno, Paolo, Michele, Giorgio, Aldo, Sergio e Luciano) e ha raggiunto una certa popolarità nel mondo politico per via di Ugo La Malfa. Ma non c’è dubbio che l’Ugo più famoso sia Ugo Fantozzi. Che, non a caso, il suo capufficio-padrone spesso definiva “merdaccia”.

In particolare, nel settimo film della serie – Fantozzi alla riscossa – c’è una celeberrima scena nella quale il travet Ugo, ormai in pensione, viene convocato dal conte Duca, il padrone della Megaditta, che lo presente ai nuovi assunti come modello di quanto non si deve mai fare se si vuole fare carriera. Nell’occasione Fantozzi dichiara pubblicamente di considerarsi appunto “una merdaccia” e, per l’umiliazione, viene colto da crisi di sonnambulismo. Sarà questala pista giusta? Chissà.

Un fatto è certo. La trattazione “simpatica” della triviale barzelletta che è stata fatta praticamente da tutta l’informazione isolana è una conferma delle teorie di Ugo Cappellacci attorno all’emarginazione dell’Isola voluta dallo “Stato patrigno”. Proviamo infatti a immaginare cosa sarebbe accaduto in campo nazionale se, per esempio, Massimo D’Alema avesse intrattenuto il pubblico di un suo comizio a sostegno di Renzi con la barzelletta di “Matteo merda”. I telegiornali ci avrebbero aperto i notiziari. I quotidiani si sarebbero scatenati in una ricerca frenetica delle ragioni di quell’evidente offesa. Qua si ride. Ridono tutti. Anche la vittima. Che pare voler dire all’autore dell’offesa: “Com’ è umano, lei”.

Rag. Arturo Filini

 

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