In attesa di ordini da Roma (e da Arcore)

La rivendicazione sistematica del rispetto della dignità dei sardi e della specificità della Sardegna, la richiesta periodica di maggiori poteri per le istituzioni isolane: un nuovo Statuto, un’Assemblea Costituente. E poi, alla prova dei fatti, la dimostrazione di sostanziale subalternità. E’ impressionante constatare la distanza tra le dichiarazioni di principio delle più importanti forze politiche isolane e la cruda realtà dei fatti così come sta emergendo in questa settimane nella formazione delle liste per la Camera e per il Senato.

Quel che è successo nel Partito democratico è noto. Gli elettori isolani sono stati chiamati alle Parlamentarie, hanno fatto le loro scelte nella convinzione che Roma avrebbe scelto solo i due capilista, poi si è scoperto (o, più precisamente, è stato tardivamente chiarito) che i parlamentari di nomina nazionale erano altri tre, ridotti alla fine a due. Con l’imposizione di uno sconosciuto parlamentare socialista uscente proveniente dalla Puglia accompagnata dalla decisione, questa sì “autonoma”, di non allearsi (per il timore di perdere a loro favore un posto al Senato) con i Rossomori.

 

La vicenda ha lacerato il Pd e scatenato dure polemiche interne che sono ancora in atto e che verranno probabilmente messe da parte per evitare che ne risenta una campagna elettorale che si annuncia meno facile di quel che inizialmente si pensava. Il segretario Silvio Lai non è riuscito a ottenere alcuno sconto sui candidati esterni, ma ha avuto l’impegno di Pier Luigi Bersani al dare il via libera al cosiddetto “Partito federato”. La consistenza di questo impegno la si vedrà dopo le Politiche e nella fase di preparazione delle elezioni Regionali.

Quanto al Popolo delle libertà, si è ben oltre uno stato di autonomia limitata. Si è alla subordinazione assoluta. Ma se ne parla molto meno di quanto si è parlato del Pd perché la dipendenza dalle scelte esterne – in questo caso non di Roma, ma di Arcore – è per il Pdl isolano una condizione considerata naturale. Silvio Berlusconi decide, tutti gli altri eseguono. Accadeva già, ma ora – dopo il passaggio all’area montiana di rilievo regionale quali l’assessore La Spisa – la sudditanza al capo supremo è diventata totale. Non ci si pone nemmeno il problema.

Così può capitare che si diffonda – e venga discussa con la stessa angoscia di chi attende un inarrestabile cataclisma ma non vi si può opporre in alcun modo – la notizia della candidatura nell’Isola di Flavio Briatore. E che, come riferisce oggi La Nuova Sardegna, il coordinatore regionale Settimo Nizzi da un paio di giorni vaghi per Roma in attesa di essere ricevuto da Berlusconi per avere il sì del capo supremo alle liste isolane per Camera e Senato.

Sarà importante che gli elettori si ricordino queste vicende quando (probabilmente prima del previsto, visto lo sfaldamento della giunta Cappellacci) si andrà a votare per il rinnovo del Consiglio regionale. Perché sicuramente le proclamazioni autonomistiche e addiritture semi-indipendentistiche torneranno a fiorire, il presidente Cappellacci tirerà la berritta fuori dall’armadio, e ricominceremo a vedere qua è là il pizzetto di Emilio Lussu e, dietro i grandi occhiali dalla montatura di metallo, lo sguardo assorto di Camillo Bellieni. I quali, purtroppo per noi e fortunatamente per loro, non possono più commentare questo spettacolo.

Giovanni Maria Bellu

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