Il governatore Pierino, capoclasse dimezzato

Tra qualche ora ne conosceremo il nome. Ma chiunque sarà, il nuovo governatore sardo farà bene a procurarsi una calcolatrice e confrontare subito il numero dei suoi voti col numero degli aventi diritto. E prendere atto del fatto che ha avuto il gradimento di meno di due sardi su dieci.

Un salutare bagno di consapevolezza, e magari anche di umiltà, prima di mettersi al lavoro. L’investitura formale va resa sostanziale. Si tratta di riuscire a parlare con quanti hanno votato gli avversari e, soprattutto, con i cittadini che hanno aderito al partito più grande, quello del non voto.

Il calcolo è semplice. Immaginiamo che il vincitore, chiunque agli sia, raggiunga il 30 per cento dei voti. In termini assoluti si tratta di poco più di 200mila consensi. Una cifra pari a circa il 15 per cento dell’intero corpo elettorale ed equivalente a quella di quanti erano andati alle urne alle precedenti Regionali (e anche alle precedenti Politiche) e questa volta non l’hanno fatto: 220mila elettori.

Immaginiamo una classe scolastica formata da 25 studenti. Si decide di eleggere il capoclasse e solo in tredici esprimono una preferenza. Gli altri dodici preferiscono allungare la ricreazione. Dei votanti, quattro scelgono lo stesso compagno, chiamiamolo Pierino,  tre un altro, due un altro ancora e i quattro restanti votano se stessi.

Pierino diventa il capo di una classe di 25 studenti con quattro voti. In pratica, gli diranno tutti gli altri, ti hanno votato gli amici, quelli con cui giochi a biliardino. Guardati bene dal parlare a nome di tutti noi, perché non ci rappresenti.

E’, in miniatura, la situazione in cui si troverà il nuovo governatore. Proprio nel momento in cui la Sardegna avrebbe la necessità di un rappresentante forte e riconosciuto per trattare con forza e autorevolezza con lo Stato italiano e con l’Europa. Con la differenza che l’ora di ricreazione è finita da tempo e chissà quando tornerà.

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