I “democratici censori” della libera informazione

Ieri questo sito ha aperto il suo notiziario con un servizio sul dibattito in corso tra le forze del centrosinistra attorno all’opportunità di definire un “codice etico” per filtrare le candidature alle Primarie. Notizia puntualmente confermata dall’esito dell’incontro che proprio ieri hanno tenuto i partiti della coalizione: la questione del codice etico è sempre all’ordine del giorno. Pd, Sel e i loro alleati si sono dati un’altra settimana di tempo per decidere.

A corredo del servizio abbiamo pubblicato due brevi schede d’informazione sui due uomini politici che potrebbero essere esclusi dalle Primarie se questo nuovo e più severo “codice etico” fosse varato: Gianfranco Ganau, sindaco di Sassari, e Renato Soru, ex governatore della Sardegna. Entrambi rinviati a giudizio, Ganau per abuso d’ufficio, Soru per evasione fiscale. Le notizie contenute in entrambe le schede erano tutte pubbliche e note da tempo. Ci hanno impressionato le reazioni che ha scatenato il semplice fatto di averle sintetizzate.

Un’operazione di tecnica giornalistica che viene svolta di routine da tutti i siti nazionali e da tutti i quotidiani cartacei per offrire ai lettori elementi utili a inquadrare le linee essenziali di un problema, che diventa quasi un scoop. Le piccola schede  dedicate a Renato Soru (1300 like su Facebook, un indice di gradimento altissimo, rilevante anche per i post sulle pagine dei maggiori siti nazionali) e a Gianfranco Ganau erano invece un diligente lavoro compilativo alla portata di chiunque abbia nozioni anche solo rudimentali della ricerca su internet.

Ed erano ricostruzioni svolte in scala molto minore rispetto a quelle che Sardinia Post in questi mesi (e anche oggi) ha fatto delle vicende di Ugo Cappellacci, o degli enti e delle agenzie regionali, o del caos dei tirocini. O, ancora, del caso Fondazione Banco di Sardegna.

Ecco, se in passato c’è stata qualche analogia con lo strano fenomeno al quale abbia assistito ieri, la troviamo proprio nelle reazioni agli articoli sullo scambio di poltrone tra Antonello Arru e Antonello Cabras.

Perché, evidentemente, appare “strano” che un sito d’informazione che, come Sardinia Post, si oppone agli sprechi e alle malefatte della maggioranza di centrodestra, si occupi anche delle cose che non vanno nell’opposizione.

Anzi, molto spesso è proprio dal centrosinistra che ci arrivano gli attacchi più duri. Come se fare giornalismo d’inchiesta (o fare semplicemente giornalismo) fosse “tradire” un’appartenenza.

La nostra opinione è radicalmente opposta. Crediamo cioè che il vero tradimento – dei principi costituzionali, della cultura democratica – sia quello di chi – singole personalità politiche, partiti, istituzioni dell’area del centrosinistra – difende la libera informazione solo quando svolge un’attività sostanzialmente propagandistica. E la attacca quando fa il suo mestiere.

D’altra parte l’assenza di sensibilità su questo fronte è dimostrata dai fatti. Non si ricorda, in questa legislatura, e neanche nella precedente, alcun atto significativo (a parte una legge presentata e poi subito dimenticata) a tutela del pluralismo nell’informazione in Sardegna. La pubblicità istituzionale continua a essere elargita con criteri clientelari. E i beneficiari delle elargizioni (tra i quali, ovviamente, non rientriamo) sono sottoposti a un perenne ricatto perché quei soldi così come sono stati arbitrariamente elargiti possono essere arbitrariamente tolti.

Non abbiamo mai apprezzato la tesi fondamentale della cosiddetta antipolitica secondo la quale “sono tutti uguali”. Ma dobbiamo constatare con rammarico che l’opposizione, in Sardegna, fa del suo meglio per accreditarla. Da parte nostra continueremo a fare il nostro mestiere. Non riusciranno a farci cambiare. Al massimo riusciranno a farci chiudere.

G.M.B.

 

G.M.B.

 

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