I cassintegrati sardi come scudi umani

E’ successo questo: il consiglio regionale – in una seduta nella quale sono stati erogati generosi finanziamenti a istituti religiosi e anche
odontoiatrici – ha bocciato l’emendamento che stanziava 60 milioni di euro per pagare la cassa integrazione a 33.000 lavoratori. Ha votato contro l’emendamento la maggioranza che sostiene la giunta guidata da Ugo Cappellacci e a favore l’opposizione. E’ finita 37 a 24. Che in tutto fa 61. Siccome i consiglieri sono 80, uno su quattro era assente. E questo dice qualcosa sulla sensibilità attorno a un tema così delicato: si parla della sussistenza (cioè del pranzo e della cena, dei libri per i figli e delle medicine per gli anziani) di 33.000 famiglie.

Riferiscono le cronache che davanti alle dure proteste di alcuni (pochi) esponenti dell’opposizione, i loro colleghi di maggioranza non abbiano fatto una piega. E che anzi abbiano avuto la reazione un po’ stizzita di chi la sa lunga e non ha tempo da perdere con i dilettanti. La bocciatura del finanziamento per la cassa integrazione a loro dire non è la porcheria che appare, ma un’astuta mossa tattica.

Per non sbagliare, riportiamo la dichiarazione riportata su l’Unione sarda, un quotidiano che non può essere accusato di avere un atteggiamento ostile verso la giunta Cappellacci. Secondo il capogruppo dell’Unione di centro Giulio Steri, la maggioranza ha bocciato l’emendamento perché “Le regioni hanno concordato di non mettere risorse proprie per tenere una linea forte contro il governo. Se poi sarà necessario – ha aggiunto – provvederemo d’urgenza”.

Una “linea forte”, dunque. Perbacco. C’è da restare senza fiato davanti davanti a tanto coraggio. Un tipo di coraggio che tempo fa è stato
sintetizzato bene da uno dei massimi esponenti della nuova imprenditoria italiana (che non a caso ha diversi emuli sardi), Stefano Ricucci, nei giorni cui stava per essere arrestato per aggiotaggio e bancarotta fraudolenta: “Fare i froci col culo degli altri”.

In questo caso dei cassintegrati. Qual è infatti lo strumento di pressione che con questa tattica la Regione mette in campo? Uno solo: la disperazione della gente. E la minaccia sottintesa che questa disperazione possa determinare problemi di ordine pubblico. Una trattativa fatta sulla pelle, e con la pelle, dei più deboli. La Regione sarda non anticipa i soldi per la cassa integrazione e attende l’intervento del governo centrale.

Cosa dovrebbe accadere  di tanto “forte” da indurre il governo a intervenire al più presto? Se i geniali strateghi hanno altre risposte le rendano pubbliche. A noi ne viene in mente una sola: un situazione di esasperazione sociale esplosiva, magari accompagnata da atti di protesta collettiva e individuale.

I cassintegrati diventano così gli scudi umani di una classe politica incapace di svolgere il suo ruolo. Che consiste nel fare delle scelte. Consiste, quando le risorse economiche sono limitate, nel mettere in un ordine d’importanza i problemi. E tagliare le spese anche col rischio di scontentare qualcuno. Magari un odontoiatra o un prete, con tutto il rispetto per entrambe le categorie.

G.M.B.

 

 

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