Gli ‘scienziati’ che hanno disintegrato il Partito democratico

Quando ieri sera ci è arrivata la mail con la dichiarazione del segretario regionale del Partito democratico, il senatore Silvio Lai, abbiamo avuto un attimo di esitazione prima di pubblicarla. Un’esitazione determinata dal mix tra il rispetto nei confronti di un esponente politico che, al contrario di tanti suoi colleghi, si è sempre dimostrato disponibile al confronto e la certezza delle reazioni che quella dichiarazione avrebbe scatenato. Chi voglia vederle vada sulla nostra pagina Facebook: un massacro.

Come è ovvio, superata quell’esitazione diciamo ‘rispettosa’ abbiamo pubblicato il testo che Silvio Lai ha diffuso per accusare il Movimento 5 Stelle di fare quello che ha sempre detto di voler fare: distruggere il sistema dei partiti e dunque anche il Partito democratico. Che è un po’ come come prendersela contro un caterpillar perché non cura la manutenzione del verde pubblico. O contro una bottiglia di cannonau perché non è adatta per la nutrizione dei neonati.

Ma si deve dare atto al segretario regionale del Pd di essere uomo franco e anche coraggioso. In questo caso temerario. Perché non ha fatto altro che rendere pubblico uno degli argomenti consolatori che circolano, a Cagliari come a Roma, nel frastornato vertice del Pd. Un altro è il seguente: la catastrofe si è compiuta perché tra noi ci sono degli smidollati che si spaventano per le reazioni del web. Se le avessero ignorate, Franco Marini sarebbe stato eletto e la struttura del Pd sarebbe viva e vegeta.

Il problema è proprio questo. Sono parecchi anni che questa struttura del Pd è viva. E che, soprattutto, vegeta. Con un atteggiamento, rispetto ai movimenti di cittadini (che si esprimano sul web o altrove) oscillante tra la spocchia e il corteggiamento astuto. A partire dall’idea che, morto il socialismo scientifico, resta comunque la politica come scienza esatta. Una scienza della quale esistono pochi indiscussi interpreti (Massimo D’Alema in cima alla lista), i cui adepti vanno selezionati in base a un criterio di pura appartenenza.

E siccome si parla di scienza, cioè di regole della natura, di formule matematiche e di leggi fisiche, l’etica ne è quasi del tutto estranea. Certo, va proclamata come una necessità e affermata, magari un po’ frettolosamente, come una clausola di stile in un contratto. Ma il praticarla è affare individuale delle anime belle che, per motivi religiosi o filosofici, ci tengono in modo particolare. Lo scienziato politico ha ben altre cose a cui pensare. E per lui le regole non valgono: può chiedere sacrifici e incamerare vitalizi, predicare la parsimonia e praticare l’ingordigia, invocare la solidarietà sociale ed evadere le tasse, esaltare la democrazia e far fuori i dissidenti.

Questo machiavellismo all’amatriciana – che è anche alla base dei continui tentativi di rivalutazione di Bettino Craxi – è diventato senso comune per un intero ceto politico. Colando lentamente ma inesorabilmente, come il percolato nelle discariche, dal vertice verso la base. Col risultato di pochi giorni fa: un ‘grande elettore’ democratico su quattro ha serenamente disatteso nel segreto dell’urna la stessa decisione – votare Romano Prodi – che aveva acclamato poche ore prima. Pierluigi Bersani, nel suo brusco e drammatico risveglio, ha detto: “Ogni quattro di noi c’è un traditore’.

E’ la fotografia di una catastrofe. Perché ciascuno di quei cento Giuda ha agito nella convinzione di esercitare l’arte della politica scientifica, che prevede anche il doppio gioco e il tradimento. Non più e non solo quando  è necessario per cause superiori quali l’affermazione del socialismo e la difesa dello Stato. Nella liquefazione del partito, ogni singolo dirigente, dai massimi vertici all’estrema periferia, ritiene di poter essere l’interprete della ‘causa superiore’. Che, fatalmente, molto spesso finisce per coincidere col suo interesse privato.

Il fallimento del Partito democratico non è tanto nei risultati fallimentari della segreteria Bersani, dalle elezioni politiche all’elezione del capo dello Stato . E’ soprattutto nell’assenza – sei anni dopo la fondazione – di un ceto dirigente leale e responsabile. Consapevole del fatto che la politica non può essere un mestiere. Perché alla fine i cittadini se ne accorgono. E se l’equivoco può persistere in tempi di vacche grasse, crolla miseramente e tragicamente quando le risorse sono poche e bisogna cominciare a distribuirle secondo giustizia ed equità.

Con che credibilità può proporsi come guida del paese un Partito che, tra i suoi parlamentari, ha un traditore su quattro? Se si tradisce il proprio partito, si possono tradire con la stessa serena protervia il paese e gli elettori. Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle non c’entrano. Hanno semplicemente raccolto i frutti dell’indignazione seminati da ‘scienziati’ che hanno sterminato milioni di cavie elettorali senza scoprire nemmeno un vaccino, ma curando con estrema attenzione la propria salute personale e familiare.

Giovanni Maria Bellu

 

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share