E se il Banco di Sardegna tornasse ai sardi? Analisi di un sogno possibile

Quale sorte sarà riservata al nostro Banco di Sardegna a seguito del risiko  di acquisizioni bancarie in atto a seguito della prossima trasformazione in Società per azioni della Banca Popolare dell’Emilia Romagna? È questa la domanda che ci si è posti come amici di Amsicora a seguito delle notizie che continuano a rimbalzare fra Milano, capitale finanziaria del Paese, e Modena dove ha sede l’istituto cooperativo romagnolo.

Si va seguendo con molta attenzione, soprattutto in questi ultimi giorni, gli sviluppi di quello che sarà il futuro della Popolare dell’Emilia Romagna (più nota come Bper), visto i suoi interessi in Sardegna dove controlla il Banco di Sardegna, la Banca di Sassari e la Sardaleasing. Infatti, come hanno riportato i più autorevoli organi di informazione, anche per la dirigenza della banca modenese vi è la necessità di trovare alleanze od integrazioni in modo da poter ammortizzare i pericoli insiti dall’abolizione del c.d. “voto capitario” (ogni azionista un voto indipendentemente dal numero di azioni possedute) e della possibile scalata da parte di banche e fondi internazionali (“Popolari: l’appetito vien dall’estero”, titolava l’altro giorno Il Corriere della sera).

È chiaro che in questa situazione così fluida ed incerta, un ruolo importante – se non proprio un’effettiva responsabilità – debba essere assunto alla Fondazione che ancor oggi ha in mano il 49 per cento del capitale del Banco di Sardegna. E questo per due motivi importanti: Il primo, perché a breve dovrà offrire al socio Bper una quota tra il 20 ed il 25 per cento di quella partecipazione azionaria, per rientrare nelle prescrizioni dettate dal Ministero dell’economia in tema di partecipazioni eccedenti un terzo del proprio patrimonio; Il secondo, perché la sua qualità di socio-azionista del Banco gli imporrebbe di non rimanere estraneo alle manovre in atto, anche per non veder vanificato del tutto il proprio peso nell’istituzione creditizia dell’Isola.

Ci sarebbe poi, a nostro parere, un terzo motivo, ancor più importante, che per essere affrontato richiederebbe alla Fondazione un salto di qualità e di autorevolezza. Infatti, proprio quest’ultima potrebbe divenire lo strumento atto a ridare piena autonomia al Banco, sottraendolo al controllo modenese e riconsegnandolo alla sua autonomia sarda. Ci sono infatti delle informazioni, abbastanza attendibili, che “leggono”, nell’attuale piano industriale della Bper, la certezza che l’operatività creditizia in Sardegna venga ritenuta “estranea” al futuro di quell’istituto: non a caso il progetto della “Grande Bper” ha visto l’incorporazione di tutte le banche possedute nella penisola, lasciando solo fuori dal progetto, come entità anomala, il solo Banco. Ancora: l’operazione Sardaleasing, come quella appena decisa per la Banca di Sassari, con la loro de-sardizzazione quali società-prodotto al servizio della banca modenese, confermano ulteriormente – sempre per quella stessa “lettura” –l’estraneità del Banco di Sardegna dai loro assetti futuri.

Perché allora il nostro parere di voler ritenere la Fondazione come promotrice di un’azione volta ad acquisire dalla Bper il 51 per cento del capitale del Banco ed a riportare nell’isola la sua governance? A parere di alcuni analisti finanziari, molto attenti alle condizioni non brillanti del “quantitative easing” della banca modenese, il dover cedere il controllo del Banco di Sardegna è più che probabile, possibile. Anche perché, sempre per dare retta ad alcuni rumors circolati in questi ultimi giorni, un importante gruppo finanziario estero (BlackRock?) avrebbe sondato in proposito la dirigenza Bper, ottenendone un cauto “si può vedere…”).

Queste notizie darebbero la possibilità alla Fondazione di mettersi in gioco, uscendo da quella posizione di passivo attendismo delle mosse altrui con cui ha fin qui gestito la sua partecipazione bancaria. Sappiamo che il suo attuale presidente è persona politicamente autorevole, intelligente e capace nella conduzione degli affari economici, per cui una sua mossa decisamente interventista nei giochi del risiko in atto sarebbe augurabile. Si è infatti certi che abbia il giusto acume, e le necessarie sensibilità, per giocare al meglio questa partita.

Infatti un’alleanza-intesa della Fondazione con questi “cavalieri stranieri” (come vengono definiti giornalisticamente i megafondi interessati al futuro delle Popolari) potrebbe aprire nuovi impensabili scenari per il domani del Banco di Sardegna. Se poi interessato fosse proprio il colosso BlackRock, oggi nel controllo della Borsa italiana, una quotazione azionaria dell’intero capitale del Banco non sarebbe opzione difficile, ricercando poi una possibile apertura alla sottoscrizione da parte dei risparmiatori sardi. Un possibile futuro azionariato tra la Fondazione (20%), il risparmio sardo (25%) ed i fondi (55%) potrebbe far sì che la governance e la mission operativa della banca possa ritornare ad essere pro-Sardegna. È questo nostro un sogno, un’utopia o un’illusione da perenni innamorati della banca sarda o, al contrario, è una probabilità che potrebbe divenire concreta come sostengono quegli informatori milanesi?

Amsicora

 

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share