Dalla Rinascita alle baby gang: la parabola delle zone interne

Certo: la notizia di cronaca di una baby gang a Orgosolo è “forte” e aiuta ad animare una prima pagina un po’ spenta: tante volte lo abbiamo fatto e lo faremo. Ma quella notizia, oggi, la si può leggere solo ed esclusivamente come il fallimento di una classe politica che

non ha saputo tenere vivo quello che già si era conquistato e quello che si stava cercando di conquistare: un progetto di sviluppo di un intero

territorio, il diritto allo studio piuttosto che alla strada, il diritto al lavoro per una generazione di giovani che il turismo anziché derubarlo

e umiliarlo potrebbe sfruttarlo economicamente e culturalmente.

Sono di Orgosolo e ho visto armi a non finire girare tra i ragazzi della mia generazione, ho sentito tutti i tipi di ordigni esplodere nel cuore del giorno e della notte, ho visto amici finire in galera e qualcuno morire nel fiore degli anni per un colpo d’arma da fuoco. Sono cresciuta, fino a superare i 45 anni, con la (a)normalità di un portone del municipio trapassato da centinaia di pallottole, continuo a vedere i lampioni spenti dalle pistolettate per Capodanno.

Ma, come tutti i ragazzi della mia generazioni (e di quella precedente e successiva), ho visto anche il mondo cambiare. Ho visto crescere le richieste di progresso, benessere e libertà. Ho visto il tempo in cui le “zone criminogene”, come le chiamavano, vivevano il miracolo della Rinascita e germogliava il seme rigoglioso piantato dalla commissione d’inchiesta sul banditismo e dal lavoro di tanti parlamentari, sindaci e consiglieri regionali.

Dall’industria di Ottana non è venuto solo benessere economico per tanti, ma anche una classe dirigente e generazioni di studenti: con quello stipendio, un operaio del petrolchimico riusciva a costruire casa e mandare all’università i figli. Certo, poi quel progetto industriale è fallito. Ma qua ragioniamo degli effetti che l’affermarsi del trinomio lavoro, scuola, cultura ha prodotto. A partire dall’attenuazione dei reati connessi alla criminalità tradizionale.

Qual era la vita di un ragazzo di Orgosolo negli anni Cinquanta e come cambiò? Sentiamolo dalla viva voce di quel ragazzo: ”Da bambini ce ne stavamo tutto il giorno in giro per il paese, nessuno si occupava dei nostri sogni, delle nostre aspirazioni, delle nostre inclinazioni. I nostri padri lavoravano sodo ma non si usciva dalla miseria. Finalmente è arrivato il doposcuola: e lì che cominciai a capire che mi piaceva dipingere e ascoltare il professore quando parlava di diritti sindacali. Ecco: a salvarmi è stato il doposcuola”. Quel ragazzo di Orgosolo ha fatto prima l’operaio a Ottana, poi il sindacalista, poi ancora il consigliere regionale.

Oggi nei nostri paesi vedo i nostri figli (figli e in alcuni casi nipoti degli operai di Ottana) in giro con l’i-phone, il computer portatile, i jeans firmati vagare nel vuoto con l’aria confusa di chi non riesce a vedere un orizzonte: il lavoro non c’è e il diritto allo studio è una chimera. Vedo i loro padri perdere il lavoro, e le madri andare a servizio a Nuoro. Vedo una classe politica selezionata in base al numero di clientele costruite con la lottizzazione dei posti di lavoro. Vedo gente schiava che non può aspirare alla libertà per sé e per gli altri. Il politico è schiavo del voto e dei maneggi che deve fare per ottenerlo, gli elettori sono schiavi del politico: non possono esprimere il loro pensiero, si devono mettere in fila e aspettare il loro turno. Chi esce dallo schema o emigra o si rassegna alla disoccupazione.

La parabola ascendente dello studente-operaio- sindacalista-politico, è stata sostituita dalla parabole discendente dei ragazzi di questa generazione e dei loro padri. Negli anni Settanta con i murales si invocavano l’istruzione e i centri di aggregazione. Infatti li abbiamo avuti. Ma li stiamo chiudendo. A Orgosolo il centro di aggregazione giovanile è stato assegnato ai medici condotti. E una delle due scuole elementari è diventata la sede della stazione dei carabinieri, così i bambini devono studiare stipati come sardine nell’unica scuola rimasta.

La ciliegina sulla torta è la vicenda del softball. Orgosolo ha una squadra femminile da oltre vent’anni a livelli d’eccellenza. Ma ora le viene negato il diritto di partecipare al campionato nazionale perché le altre squadre rifiutano le trasferte in Barbagia. La notizia viene raccontata da tutti i media locali, ma non certo con la stessa enfasi riservata alle gesta della baby gang. Orgosolo continua a essere un paese-simbolo. Non più del banditismo, ma dell’eredità disastrosa che la politica ha lasciato alle nuove generazioni.

Maria Giovanna Fossati

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