Cellino, il capriccio del miliardario detenuto

Quando un finisce in carcere ha un solo desiderio: uscirne. Ma capita anche, molto raramente, che qualcuno voglia restarci. Nel 2009 le cronache parlarono del caso di Antonio Dessì, 82 anni, di Bitti. Era detenuto nel carcere di Lanusei per reati sessuali. Stava bene là e non voleva andarsene via. Un caso umano.

Le persone normali in carcere non vogliono starci. Perché il carcere interrompe la vita affettiva, le relazioni, il lavoro. Il carcere è una specie di pre-morte. Infatti si dice ‘morte civile’.

Pochi possono permettersi il carcere. Bisogna non avere alcun problema economico. Stare dentro o fuori fa una relativa differenza per chi ha un mucchio di soldi. Questo, naturalmente, quando si sa che il periodo sarà comunque ‘breve’. Perché se il periodo si annuncia lungo, chi non ha problemi economici espatria. C’è praticamente tutto il Sud America a disposizione.

Ma se il periodo è breve, insistere sul restare in carcere può servire a trasformare una vergogna in un martirio. Una condizione miserevole e ordinaria – essere stato accusato di aver commesso un reato ed essere stato arrestato – assume una dimensione epica. E’ quanto sta facendo Massimo Cellino, assecondato da molti organi di informazione.

A noi pare un capriccio. Il capriccio di un miliardario che non accetta un principio semplice: l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Chi ha la possibilità, cambia le leggi. Chi non è così potente, ma sufficientemente ricco, afferma il suo essere ‘diverso’ irridendole.

E naturalmente raccoglie consensi e simpatie nelle persone più fragili. Come i detenuti a cui non sembra vero che un uomo tanto importante abbia deciso di diventare “uno di loro’. Mentre, se fosse veramente ‘uno di loro’, avrebbe il solo desiderio di tornare libero.

E’ una pessima operazione quella che ha messo in atto Massimo Cellino. Non è il gesto di un uomo coraggioso e coerente, ma di un uomo molto ricco e irresponsabile. Che sta dando un pessimo esempio a centinaia di ragazzi. C’è da augurarsi che nella comunità di recupero dove opportunamente è stato trasferito qualcuno glielo spieghi.

G.M.B.

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