Vitalizi, dopo la Lega si spacca il Pd. Cani: “Noi contrari alla reintroduzione”

Dopo la Lega, con il commissario Eugenio Zoffili che sui vitalizi ha sconfessato il presidente Michele Pais e l’intero gruppo dei consiglieri regionali del partito, lo stesso copione si ripete nel Pd. A sparigliare le carte e dare una linea diversa rispetto a quella presa ieri dagli onorevoli dem, è il segretario sardo Emanuele Cani. Il numero uno del Pd isolano si affida a tre righe di comunicato, diffuso alle redazioni alle 16,55.

“Il Partito democratico della Sardegna – scrive Cani – ha avuto un’intera legislatura, quella appena chiusa, per reintrodurre vitalizi o misure economiche assimilabili. Non l’ha fatto, nonostante la maggioranza numerica in Consiglio. E non l’ha fatto per una precisa scelta politica”. Pur con tutto il garbo di chi deve gestire una patata bollente, Cani scrive tra le righe che il Pd non appoggia il ritorno alle pensioni, come nella proposta Pais a cui ieri i consiglieri dem hanno dato un segnale di apertura parlando di “obbligo di legge” e mettendo nero su bianco la necessità “di respingere ogni tentativo di strumentalizzazione”. Un riferimento, questo, indirizzato in primo luogo a Massimo Zedda, l’ex sindaco-onorevole che ieri su Facebook ha sollevato il caso dei vitalizi pubblicando un post con la tabella dei costi. Ma nel mirino dei consiglieri democratici anche la collega di M5s, Desirè Manca, altra oppositrice delle pensioni ai politici.

Quanto la pezza messa da Cani sia capace di sortire effetti (il sostegno ai vitalizi non aiuta certo un partito che sta cercando di recuperare i voti), non è dato saperlo. Il segretario del Pd, però, ci sta provando. E nella note scrive ancora: “Davanti alle varie informazioni che circolano, riteniamo opportuno ribadire che, se l’attuale Governo regionale di centrodestra intende assumere decisioni di reintrodurre vitalizi o misure economiche assimilabili, lo faccia pure. Ma non pensi di contare sulla disponibilità del Partito democratico che continuerà a mantenere la sua posizione contraria”.

Cani, a questo punto, ha prima di tutto un obiettivo da raggiungere: deve ottenere che gli onorevoli dem facciano marcia indietro rispetto alla posizione ufficializzata ieri. E di certo non potranno dire, per esempio, che “non si tratta di vitalizi ma di equità sociale“, come nella linea di Pais. Secondo il quale “tutti i lavoratori, dall’operaio al professionista, e quindi anche il politico, devono ricevere un trattamento previdenziale in funzione a quanto versato”, ha detto ieri il presidente del Consiglio regionale. Nella pratica, invece, convertire in legge la proposta Pais farebbe cambiare eccome le cose: comunque li si chiamino, i vitalizi presuppongono una spesa. Un costo a carico dei contribuenti e che si attesterebbe a quota 1.149.984 euro annui, pari a 5.749.920 euro nel quinquennio. Così per garantire la copertura pensionistica a tutti i sessanta esponenti dell’Aula.

Le risorse sarebbero ex novo, nel caso in cui il testo normativo venisse approvato. Perché dal 2014 le pensioni a fine legislatura non esistono più. Sono state cancellate dalla stessa Assemblea regionale sull’onda dei fondi ai gruppi, ovvero lo scandalo giudiziario che ha fatto finire sotto inchiesta oltre ottanta onorevoli dell’Isola, molti dei quali già condannati, almeno in primo grado, per peculato aggravato. Quella scelta fu dettata dalla necessità di dare un segnale ai cittadini riportando in qualche modo la politica sul binario dell’etica e della moralità. Un solco che, al momento, sembra di nuovo perso di vista dalla classe dirigente sarda.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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