Solinas, il cossighiano entra a Palazzo: ascesa del sardista alleato con la Lega

Più che ridere, sorride, Christian Solinas. Più che abbracciare (ma lo fa), stringe mani. Una compagna, alta e biondina, da molti anni. La stessa. La storica. A tavola una passione sfrenata per il salato. La pasta almeno una volta al giorno: quella coi ricci la preferita. Altro non si sa sulla vita privata del neopresidente, classe ’76, nato il 2 dicembre, secondo sardista ad avercela fatta in settant’anni di storia autonomista, a trentasette di distanza da Mario Melis. Solinas il riservato. L’esatto contrario di quella condotta un po’ sfacciata che è la cifra di Matteo Salvini, l’alleato-amico. Ma gli opposti si attraggono, è la legge della materia. Anche di quella politica, a ben vedere.

Bisogna tornare indietro di un anno e spiccioli per ricostruire la saldatura sardo-lombarda. Cagliaritana-milanese. Solinas, cresciuto a pane e politica in quel di Poggio dei Pini – collinetta di sole ville borghesi a una manciata di chilometri dal capoluogo -, vuole fare il salto dal Consiglio regionale al Parlamento. Si affida a Gian Carlo Acciaro, ex deputato Quattro Mori. Acciaro lo introduce negli ambienti leghisti, si dice attraverso un altro Giancarlo, il sottosegretario Giorgetti. Il faccia a faccia con Salvini non tarda a concretizzarsi. Anche perché il milanese dalla ruspa facile vuole trasformare la Lega da partito del Nord a nazionale. L’affare è fatto. Carroccio e Psd’Az si alleano. Solinas convince Salvini. Il futuro ministro è solo l’ultimo di una lunga serie di politici da cui il nuovo governatore sardo è riuscito a farsi scegliere.

In principio fu Mariolino Floris. Correva il 1999, mese più mese meno. Floris, anche lui residente a Poggio dei Pini, è il vicino di casa perfetto, non fosse altro che di mestiere fa il presidente della Regione (come dieci anni prima) e Solinas sin da bambino ha il pallino della politica. “Di Christian – racconta Floris a Sardinia Post – mi aveva colpito la cultura dell’ascolto. Un giovane saggio. Per fargli dire qualcosa, bisognava insistere”.

I due si vedono spesso anche a Cagliari, in via Ospedale 16, dove Floris, ogni lunedì, riunisce gli amministratori della sua area politica. L’Udr. Quell’Unione democratica per la Repubblica fondata da un altro ex Dc. Un peso massimo nazionale. Francesco Cossiga. Lì Solinas allena i muscoli della politica, facendosi le ossa e il primo pelo sullo stomaco. Poi è la volta di Capoterra, il Comune in cui ricade Poggio dei Pini. L’elezione nell’Assemblea civica è cosa fatta nel giro di poco tempo. Di quella assise municipale Solinas diventerà anche il presidente.

Il ragazzo del ’76 è uno studente modello della politica. Tanto che Floris lo ingaggia nel proprio staff in Regione. La ‘promozione’ arriva a filo con le Regionali del 2004: Solinas diventa presidente dell’Ersu a Cagliari, uno dei due enti sardi per il diritto allo studio universitario. Mandato biennale. Scade a fine 2006, quando il nuovo governatore è già Renato Soru, il mister Tiscali che si era candidato per sconfiggere Silvio Berlusconi. Anche a Soru piace Solinas. E dopo una telefonata di Cossiga (si dice), lo riconferma alla presidenza dell’Ersu.

Solinas, nel frattempo, continua a crescere a pane e politica (ma anche cinismo: come tutti, sennò a Palazzo non si sopravvive). La scalata al Consiglio regionale è pronta. A nulla varrà il ricorso di un onorevole uscente, Giuseppe Atzeri, del Psd’Az come Solinas, ma tesserato coi Quattro Mori da molto prima (vista la differenza di età). Atzeri, classe 1949, gli contesta in tribunale il fatto che abbia lasciato la poltrona dell’Ersu troppo in ritardo per potersi candidare.

Così non è. Per il giudice ha torto Atzeri. Solinas è in lista. Anche con lo zampino dell’allora presidente del Psd’Az, Giacomo Sanna, decisivo pure quando, all’ennesimo valzer delle Giunta, si libera la delega ai Trasporti. Sanna impone Solinas. L’esperienza non è esaltante: la Flotta sarda, pallino dell’allora presidente Ugo Cappellacci, è un’idea troppo romantica. La competizione coi giganti del mare naufraga e costa alla Regione dieci milioni e rotti.

Solinas diventa onorevole pure nel 2014 e c’è sempre lo zampino di Sanna. Il resto è l’inizio di questo ritratto. A cui mancano solo poche aggiunta. Alle Politiche del 2018, Solinas accetta di correre senza il simbolo dei Quattro Mori. Sulla scheda compare solo Alberto da Giussanno, l’eroe delle camicie verdi. Per il Carroccio è l’exploit nell’Isola.

La base della Lega, però, si convince che il Psd’Az non sia nulla senza Salvini e le seconde fila del partito riescono ad ottenere che alle Regionali del 24 febbraio Carroccio e Quattro Mori corrano con liste separate. È finita che Salvini è andato molto sotto le previsioni. Molto sotto quel 25 per cento che era sicuro di raccogliere in Sardegna. La Lega si è fermata all’11,35. Anzi: rispetto alle Politiche del 2018 ha perso qualche migliaio di voti. I Quattro Mori, invece, hanno raddoppiato le preferenze rispetto al 2014 (da 31.886 a 69.892, dato ancora provvisorio).

Chiuse le urne, Solinas si è scrollato di dosso il ruolo da gregario (di Salvini), esercitato in campagna elettorale. E lunedì sera, nel suo primo discorso da presidente al T-Hotel di Cagliari, ha detto “faremo” ma anche “farò”. L’inquilino numero uno della Regione è lui. Solinas ha usato il garbo. Ma con un maggioranza di undici partiti gli serviranno anche i pugni da battere sul tavolo.

Alessandra Carta
(@alessacart)

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