Radiografia del centrosinistra sardo

Con Barracciu i più anziani e “di sinistra”, con Murgia i laureati. Età media, 49 anni. Tutti i dati della ricerca coordinata da Fulvio Venturino.

LA FEDELTÀ DEI SELETTORI AL CENTROSINISTRA

Molto spesso si ha l’impressione che il dibattito politico italiano sia tratto da un’opera del Teatro dell’Assurdo. Un flusso di opinioni apparentemente prive di logica nel quale, tra le molte parole, si può anche sentire dire, con dosi massicce di sicumera, che fedeltà, infedeltà (per non parlare di tradimento) non sono categorie politiche. Questi argomenti (o presunti tali) sono impiegati per giustificare comportamenti tutt’altro che apprezzabili della classe politica: trasformismo e formazione di gruppi parlamentari del tutto privi di collegamento elettorale. Quando si arriva a considerare lecita l’infedeltà di un politico verso chi lo ha eletto, è improbabile che si riesca a comprendere che, in alcune occasioni, la democrazia richiederebbe fedeltà anche da parte dell’elettorato verso la propria coalizione. È questa la logica delle primarie. Alle primarie, cioè, i sostenitori degli sconfitti dovrebbero essere disposti a convergere verso il vincitore. Se è così, vale la pena di chiedersi: da un lato, quale sia il livello di fedeltà dichiarato dai selettori sardi il 29 settembre scorso; dall’altro, quali fattori lo influenzano.

Solitamente lo studio del grado di fedeltà/infedeltà del selettorato richiede che agli intervistati venga posta una domanda sul loro atteggiamento alle elezioni generali in caso di sconfitta del proprio candidato preferito alle primarie. E, in questo circostanza, è fedele alla coalizione quel selettore che accetta l’esito della competizione sostenendo il candidato selezionato.

Nel caso delle ultime primarie sarde questa strategia non è stata perseguita. Come si sa, esse contemplavano la possibilità che si svolgesse un secondo turno tra i primi due nel caso in cui nessuno dei competitor avesse raggiunto la soglia del 40%. E, com’è ovvio, il questionario sottoposto ai partecipanti il 29 settembre era costruito proprio avendo in mente l’eventuale ballottaggio. Così, l’identificazione dei selettori fedeli e infedeli può realizzarsi, per via indiretta, solo attraverso le risposte al seguente quesito: “Se il candidato che lei ha votato in queste primarie sarà sconfitto, come si comporterà al ballottaggio del prossimo 6 ottobre?”. Gli intervistati potevano: 1) indicare con certezza il candidato che avrebbero votato; 2) dichiarare che avrebbero atteso l’esito del primo turno per poi decidere come comportarsi; 3) dichiarare che se il proprio candidato preferito fosse stato sconfitto non sarebbero tornati a votare. Chi opta per la prima modalità di risposta è considerato fedele, chi sceglie la seconda è un incerto e, infine, chi dichiara di non voler partecipare è un infedele.

Dall’analisi delle risposte emerge che i selettori fedeli costituiscono il 45% del campione. Gli incerti, invece, arrivando al 47%, rappresentano la maggioranza relativa. Gli infedeli, infine, si fermano all’8% e compongono, perciò, una minoranza molto circoscritta. Ma l’elemento più significativo non sembra tanto la fisiologica quota di infedeli, quanto la preoccupante percentuale dei fedeli: meno di un selettore su due è certo di votare al ballottaggio in caso di sconfitta del proprio candidato.

Un primo fattore riguarda la relazione tra la scelta di voto e l’atteggiamento verso la coalizione. Data la natura antipartitica della sua candidatura, non è affatto sorprendente che i meno fedeli siano i sostenitori di Murgia: solo il 37% di essi ha indicato chiaramente un nome alternativo a quello dell’economista di Seulo. Tra gli altri candidati, invece, sono i (pochi) selettori del socialista Atzeni a mostrare il livello più alto di fedeltà (58%). Poco meno di uno sue due è la quota di sostenitori dei tre candidati del PD che si mostrano leali verso il partito e il centrosinistra: il 49% nel caso di Ganau, il 47% per Barracciu e, infine, il 47% di coloro che hanno votato Deriu.

Oltreché dal tipo di candidato votato, la disponibilità a rimanere fedele alla coalizione potrebbe essere influenzata da almeno un altro fattore interveniente: il giudizio di ciascun selettore sulle primarie. È ipotizzabile, infatti, che quanto più le primarie sono percepite come uno strumento pregevole, tanto più si è disposti ad accettarne gli esiti, anche se questi contrastassero con le proprie preferenze. Tanto per cominciare, trattandosi di quesiti posti a coloro che scelgono di partecipare alle primarie, c’è da aspettarsi che la grande maggioranza le valuti benevolmente. I dati confermano questa facile previsione: escludendo coloro che non hanno alcuna opinione, emerge che ben il 92% giudica molto o abbastanza positivamente le elezioni primarie. Cosa accade incrociando il dato con il livello di fedeltà alla coalizione? Accade che, soprattutto per le modalità estreme, la nostra ipotesi è ampiamente confermata. La quota di selettori fedeli alla coalizione, infatti, supera la maggioranza assoluta solo tra chi dà un giudizio molto positivo (52%); mentre tra chi dà una valutazione molto negativa tale percentuale si ferma al 33%.

In definitiva, sappiamo che la lealtà verso la coalizione è associata sia alla scelta di voto, sia alla percezione delle primarie quale strumento positivo di innovazione politica. Ma, ed è questo forse l’elemento dalle ricadute immediate più urgenti, sappiamo anche che i fedeli sono meno della metà dei selettori. Il centrosinistra sardo è avvertito.

Stefano Rombi per C&LS

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