Province, il centrodestra: “Sono morte”. Ma il Pd: “Falso, le hanno resuscitate”

«Le Province sono morte, le abbiamo cancellate», esulta il centrodestra che da solo, in commissione Autonomia e Riforme, ha approvato stamattina la legge di riordino. Ma  il Pd grida alla «vergogna» col capogruppo Giampaolo Diana: «La riforma votata dal centrodestra sancisce solo la lunga vita delle Province, attraverso un cambio di nome. Di fatto tutto resta uguale: gli otto enti sardi saranno sostituiti da altrettanti Distretti. Vuol dire che verranno rimesse in piedi pure le cinque Province commissariate, cioè quelle di Cagliari, Sulcis, Medio Campidano, Ogliastra e Gallura».

Il voto sulla nuova legge ha fatto scoppiare la bagarre in commissione. Il centrosinistra ha lasciato i lavori: oltre Diana hanno abbandonato la seduta anche altri due democratici, Pietro Cocco e Tarcisio Agus. Ma a tirarsi fuori dalla partita è stato pure Alessandro Sorgia, il neo onorevole che ha sostituito, in quota Pdl, il sospeso Carlo Sanjust: Sorgia però, nel frattempo, è passato con il movimento Unidos di Mauro Pili, quindi anche lui sta all’opposizione. Hanno detto sì, invece, il presidente Ignazio Artizzu (Forza Italia), più gli onorevoli azzurri Pietro Pittalis e Rosanna Floris, ma anche Michele Cossa (Riformatori), Fabrizio Rodin (Fratelli d’Italia) e Antonio Pitea (Udc).

Il riordino degli enti locali prevede questo: le otto Province sarde lasceranno il posto ad altrettanti Distretti territoriali, secondo lo schema tradizionale dei vecchi e nuovi enti. Cioè Cagliari, Sulcis, Medio Campidano, Oristano, Ogliastra, Nuoro, Gallura e Sassari. A capo di ciascun Distretto ci sarà un direttore generale di nomina politica, scelto dalla Regione e coadiuvato dal Comitato dei sindaci.

Tuttavia, ci vorrà tempo prima che la riforma diventi operativa. Anche nel caso in cui il Consiglio regionale approvasse la legge di riordino votata oggi dalla commissione Autonomia, bisognerà aspettare che sulle Province la Giunta regionale faccia la ricognizione delle competenze e decida come ridistribuirle. In buona sostanza, toccherà all’Esecutivo stabilire quali poteri assegnare ai Distretti e quali trasferire ai Comuni e alla Regione stessa.

Diana è furioso: «Hanno approvato una riforma vergognosa. Noi avevamo una proposta diversa che dava realmente corso al voto espresso da 500mila sardi nel referendum del 6 maggio 2012. La nostra legge accorpava in un’unica Agenzia non solo le Province, ma anche i Consorzi di bonifica e quelli industriali. In questo modo, ci sarebbe stato un vero taglio della spesa pubblica con l’eliminazione di svariati Consigli di amministrazione, i più costosi. Ma il centrodestra, che fino a qualche giorno fa era d’accordo, si è diviso proprio sulla cancellazione di queste poltrone. I Riformatori, che tanto si riempiono la bocca con la riduzione delle spese inutili, fanno di tutto per tenere in vita i posti di sottogoverno».

Michele Cossa, l’ex vicepresidente del Consiglio che due settimane fa ha lasciato l’incarico proprio per la mancata approvazione della riforma da parte della sua maggioranza, dà una lettura totalmente diversa rispetto a Diana. «Con questa nuova legge – dice – le Province sono morte. Non ci saranno più i consigli e le giunte provinciali, finiscono per sempre anche le assunzioni clientelari, le auto blu e le tante consulenze».

Cossa, referendario, non pensa affatto che con questo riordino le Province, uscite dalla porta, siano pronte a rientrare dalla finestra sotto forma di Distretti. «Noi – spiega – abbiamo cancellato un livello istituzionale, quello degli enti intermedi appunto, perché è anacronistico. Altra cosa sono le competenze che vanno salvaguardate nell’interesse dei cittadini. E anzi, con la nuova legge assegniamo ai Distretti una funziona importante come il controllo dei fondi europei. L’obiettivo è fare in modo che aumenti il loro utilizzo».

Ignazio Artizzu è soddisfatto: «Abbiamo approvato una norma attesa da tutti i sardi che sono andati a votare a maggio di un anno fa». Nella seduta di oggi ha garantito il numero legale Pitea: nel verbale della commissione la sua presenza è considerata un voto a favore. Ma sulla riforma l’onorevole centrista ha espresso perplessità attraverso la propria pagina Facebook. «Praticamente – ha scritto – vogliono rifare le Province: si chiameranno Distretti con a capo non più un presidente di nomina elettiva, ma un direttore generale di nomina politica. Sono esterrefatto. Ci sono altri che intendono indignarsi?».

La legge del centrodestra non potrà comunque arrivare in Aula fino a quando il Cal (il Consiglio delle autonomie locali, lo presiede il sindaco di Sassari Gianfranco Ganau) non avrà dato il suo parere. Il Cal ha quindici giorni di tempo. Intanto sul prossimo voto dell’Assemblea Cossa ammonisce: «Siamo arrivati all’ultimo miglio, sarebbe un clamoroso schiaffo alla volontà dei sardi, se il Consiglio regionale non approvasse la legge».

Che il voto di oggi sia solo il tassello di uno mosaico più grande e ancora da completare, lo si evince dalle parole del governatore Ugo Cappellacci. «Quello compiuto in Commissione – si legge in una nota – è un ulteriore passo in avanti nella direzione indicata dai cittadini e soprattutto verso un nuovo modello amministrativo che restituisca centralità ai veri punti di riferimento della comunità: i sindaci ed i Comuni. Auspichiamo che a livello nazionale si possa procedere anche all’abrogazione delle cosiddette Province storiche».

Durissimo il commento di Giuseppe Stocchino (Rifondazione): «I referendari del centrodestra non si rendono conto che rischiano di apparire ridicoli agli occhi dei sardi. Trasformare le otto Province in Distretti è un’operazione di maquillage capace di svelare l’inconsistenza delle proposte di chi si era intestato, a furor di popolo, la riforma degli Enti locali. Siamo davanti a una legge controproducente e confusa, e a pagare questa boutade sono i lavoratori degli enti soppressi e i cittadini di quei territori».

Attilio Dedoni, altro referendario del Consiglio, apre la guerra al capogruppo del Pd: «Il vero imbroglio – dice – è quello che il compagno Diana vuole fare ai sardi per mantenere in vita le poltroncine che fanno comodo alla vecchia politica. Il capogruppo del Partito democratico pensa di poter prendere in giro i cittadini impunemente. Ma lo sanno tutti che Diana ha provato in ogni modo a insabbiare le riforme».

Alessandra Carta

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