Province fedeli e quelle ‘voltagabbana’: come si spostano i voti delle Regionali

Roccheforti ‘rosse’, territori fedeli al centrodestra e province ‘ballerine’. Idealmente può essere divisa così la Sardegna, che tra diciotto giorni torna alle urne per le Regionali del 24 febbraio. I tre blocchi si ricavano mettendo a confronto i risultati elettorali delle tornate 2009 e 2014, a loro volta intersecate con le Politiche 2018 in modo da misurare anche l’incidenza del Movimento Cinque Stelle. Dall’analisi dei dati si ricava una certezza: su un totale di otto circoscrizioni, corrispondenti alle province isolane, cinque sono rimaste fedeli al proprio ‘credo’ politico. Due, invece, quelle che hanno scambiato schieramento. Discorso a parte, come vedremo, su Cagliari.

Prima di esaminare i numeri delle urne, serve una premessa: negli ultimi dieci anni anche nell’Isola l’offerta dei partiti si è profondamente modificata. Alle due tradizionali coalizioni di centrodestra e centrosinistra, dominanti alle Regionali del 2009, si è aggiunta nel 2014 la proposta indipendentista rappresentata da Michela Murgia, poi l’innesto dei Cinque Stelle consacrato dal boom delle Politiche. Il risultato è che il 24 febbraio prossimo gli schieramenti in corsa saranno addirittura quattro con i due blocchi tradizionali rinnovati  e il fronte che sostiene la nascita della nazione sarda spaccato in tre tronconi. Per fare nomi: Christian Solinas guida la coalizione autonomista e sardista di centrodestra; Massimo Zedda è il candidato presidente del polo civico-politico di centrosinistra; Francesco Desogus capeggia gli M5s; Andrea Murgia (AutodetermiNatzione), Paolo Maninchedda (Partito dei Sardi) e Mauro Pili (Sardi liberi) rappresentano l’anima indipendentista delle urne. La Sinistra sarda di Vindice Lecis gioca invece una partita tutta sua, di ‘guerra’ contro tutti.

Nella lista delle roccheforti ‘rosse’ ci sono il Medio Campidano, il Nuorese e la provincia di Sassari. Nel territorio di Sanluri-Villacidro hanno vinto sia Renato Soru nel 2009, seppure battuto da Ugo Cappellacci nella conta finale delle preferenze, sia Francesco Pigliaru, vittorioso alle Regionali di cinque anni fa proprio contro Cappellacci. Soru aveva preso il 50,10 per cento (44,03 l’avversario), Pigliaru il 47,85 (31,47 per lo sfidante). Nel Nuorese è andata così: Soru al 49,82 (Cappellacci al 43,52); Pigliaru al 46,34 (Cappellacci al 36,83). Nel Sassarese Soru al 47,50 (46,60 l’avversario); Pigliaru al 46,34 (lo sfidante al 36,83).

I territori che risultano ‘fedeli’ al centrodestra sono la Gallura e l’Oristanese, sempre con distacchi importanti. Nel 2009 a Olbia-Tempio Cappellacci prese il 59,84, Soru il 36,92; nel 2014 Cappellacci, sebbene sconfitto, raccolse il 50,01 contro il 38,53 di Pigliaru. A Oristano e provincia, nel 2009 le urne si chiusero col 56,02 per Cappellacci e il 38,11 per Soru. Nel 2014 Cappellacci al 40,21, Pigliaru al 35,43.

La provincia più ‘ballerina’ di tutte è il Sulcis: nel 2009, complice la telefonata (finta?) di Silvio Berlusconi “all’amico” Vladimir Putin, Cappellacci arrivò al 56,64 per cento. Per l’Euroallumina, proprietà dei russi della Rusal, sembrava la salvezza (poi è andata molto diversamente, la fabbrica è stata chiusa e gli operai attendono ancora il riavvio degli impianti). Soru si fermò al 38,02. Nel 2014 Pigliaru ha recuperato praticamente tutto lo svantaggio finendo in pareggio: 35,88 per cento per il presidente uscente della Regione e 35,90 per lo sfidante di centrodestra. La vocazione del Sulcis alla non fidelizzazione, dopo essere stata per decenni terra ‘rossa’ di operai, ha trovato conferma alle Politiche 2018: gli M5s hanno vinto col 45,78 per cento, facendo registrare uno dei consensi più alti in tutta Italia (leggi qui).

Rispetto alle ultime due tornate delle Regionali, si è spostata anche l‘Ogliastra, la circoscrizione elettorale più piccola della Sardegna: nel 2009 Cappellacci chiuse al 53,45 contro il 41,84 di Soru; nel 2014 Pigliaru è arrivato al 43,46 contro il 41,25 dello sfidante.

Quando a Cagliari, storicamente una città di moderati, il dato delle urne ha cambiato pelle negli ultimi dieci anni: nel 2009 Cappellacci strapazzò Soru: 54,49 per cento contro 41,06. E non a caso il capoluogo dell’Isola era governato da otto anni dall’azzurro Emilio Floris, attuale senatore di Forza Italia. Nel 2014, quando Zedda amministrava il Comune già da tre anni, Pigliaru raccolse il 40,28 contro il 41,26 di Cappellacci. Il quale vinse fuori città, visto che nel capoluogo l’attuale governatore sardo prese il 44,26 contro il 37,25 dello sfidante. Ma cagliaritano è pure Solinas, il candidato da battere alle urne del 2014 secondo il sondaggio Swg e impensierito solo da Zedda, dato in rimonta nella stessa indagine demoscopica.

Ovvio che le otto circoscrizioni isolane hanno un ‘peso’ politico differente, che dipendente dalla popolazione. E in ordine decrescente la scala demografica è formata da Cagliari, Sassari, Nuoro, Gallura, Oristano, Sulcis, Medio Campidano e Ogliastra. Ma la ricostruzione sulla tendenza elettorale restituisce bene in che misura ogni territorio è, a suo modo decisivo, ai fini della vittoria finale.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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