Primarie sarde nel caos nazionale

Oggi gli elettori del centrosinistra scelgono il candidato governatore alle prossime elezioni Regionali. I seggi si apriranno alle 8 e si chiuderanno alle 20. In quel momento si conosceranno i risultati del primo exit poll. Ma per conoscere il nome del candidato governatore probabilmente bisognerà attendere il risultato definitivo dello spoglio. Se non addirittura un’altra settimana. Il regolamento infatti prevede che se il vincitore non supererà il 40 per cento dei voti, la domenica successiva dovrà andare al ballottaggio col secondo classificato.

Possono votare tutti quelli che hanno compiuto 16 anni e che sono cittadini italiani, o europei residenti in Italia, o extracomunitari con permesso di soggiorno. E’ previsto il versamento di un contributo di un euro. In tutta l’Isola sono stati allestiti oltre 300 seggi e l’organizzazione impegna circa 3000 persone.

I contendenti sono cinque. In ordine alfabetico: l’imprenditore Simone Atzeni, l’eurodeputata (e vicesegretario regionale del Partito democratico) Francesca Barracciu, il presidente della provincia di Nuoro, Roberto Deriu, il sindaco di Sassari, Gianfranco Ganau, e il funzionario della Commissione europea Andrea Murgia.

Dei cinque candidati, tre sono del Partito democratico (Barracciu, Deriu e Ganau), uno è del Partito socialista (Simone Atzeni), mentre Andrea Murgia è un ‘indipendente’ del Pd: non ha rinnovato la tessera dopo la bocciatura di Romano Prodi nelle votazioni per il Quirinale.

La coalizione di centrosinistra in Sardegna è composta da dieci partiti (Pd, Sel, Idv, Rossomori, Prc, Pdci, Upc, Centro democratico, Verdi e Psi) e solo due di essi (Pd e Psi) presentano loro candidati alle odierne primarie. Un dato che sintetizza un problema politico: le forze minori della coalizione da un certo momento in poi hanno preso le distanze dalle primarie non condividendo il metodo attraverso il quale vi si è arrivati. Con argomenti a volte diversi, ma sostanzialmente convergenti nella contestazione delle decisioni assunte dal Pd che – è questa la critica principale – avrebbe utilizzato le primarie per rivolvere suoi problemi interni. Dunque non per scegliere il candidato del centrosinistra, ma il “suo” candidato.

Anche per questo il dato sulla partecipazione sarà rilevante. E darà la misura della capacità di mobilitazione del Partito democratico. La soglia dei 60mila partecipanti è quella al di sotto della quale gli alleati “contestatori” potrebbero avere argomenti non per mettere in discussione la legittimità della scelta, ma per porre ulteriori problemi politici sull’efficacia del metodo. anche perché alla porta del centrosinistra bussano da tempo altre forze che chiedono di essere ammesse.

Di certo queste primarie si svolgono in una situazione politica confusa. Quanto è appena accaduto a Roma rende totalmente incerto lo scenario nel quale le Regionali si svolgeranno. La novità delle ultime ore è che potrebbero sovrapporsi alle elezioni politiche anticipate. E con un assetto nazionale del Partito democratico diverso da quello attuale: la leadership di Matteo Renzi.

Ma proprio la drammaticità del momento potrebbe avere un effetto in qualche misura “mobilitante” e spingere molti elettori del centrosinistra incerti a recarsi alle urne proprio per dare il segno della volontà di partecipare, di fare sentire la loro voce. Primarie “di trincea”, dunque, per affermare la presenza della base.  Questa è la speranza del Partito democratic0. questa è la nuova posta in gioco.

 

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