Pd sardo, tregua armata per le elezioni. E si riparla di partito federato

Il giorno dopo la chiusura della vicenda sulla Lista elettorale nel Pd sardo domina più la rassegnazione e la stanchezza piuttosto che la rabbia. Quanto meno prevale la volontà di mettere da parte lo scontro, almeno per un mese, e semmai riaprire le danze una volta incassato il risultato elettorale. Che, se ancora ce ne fosse bisogno, il segretario Bersani ieri ha indicato come prioritario e decisivo. Su tutto, anche sui mal di pancia degli esclusi dalla lotteria delle candidature. Non a caso nella conferenza stampa di questa mattina in via Emilia, oltre alle parole concilianti del segretario Silvio Lai, sono arrivate proprio quelle di Paolo Fadda (nella foto) e Gavino Manca, i più penalizzati dalle decisioni romane. Entrambi, pur richiamando la necessità di ricucire il rapporto con gli elettori, si sono detti disponibili a impegnarsi per la campagna elettorale.

“Quanto successo ha lasciato strascichi. Dovremo impegnarci tutti a recuperare i delusi che hanno partecipato alle primarie”, ha detto il renziano Manca, che fino all’ultimo ha sperato di essere recuperato durante gli incontri romani di Silvio Lai. Perfino Paolo Fadda, che nella scorsa settimana ha anche scritto una dura lettera al segretario regionale, sembra voler andare oltre con il suo “Mi fido di Bersani”, pronunciato in conferenza stampa. Segnali di distensione arrivano anche da Giampaolo Diana, che sembra avviato verso un ritiro delle sue dimissioni da capogruppo Pd in Consiglio regionale. Tutto superato quindi, almeno per ora, perché appare del tutto evidente come si stia assistendo a una tregua armata, decisa per evitare di schiantarsi in campagna elettorale, soffiando sul fuoco di un elettorato già su di giri e che ancora, specie nei social network, continua a far sentire il malcontento per il “tradimento” delle primarie.

Superato lo scoglio della lista, il segretario Silvio Lai si gode anche il risultato più importante incassato a Roma, ossia il via libera, di fatto, da parte di Bersani al Partito democratico sardo, federato con quello nazionale. Una storia lunga, già tentata all’epoca del Pds e dei Democratici di sinistra, ma sempre arenatosi per motivi politici, ma anche diremmo più di sostanza. In ballo, infatti, c’è la questione dei rimborsi elettorali, che un partito “autonomo” incasserebbe direttamente e cui la casa madre non ha mai inteso rinunciare tanto facilmente. Un ostacolo che ora potrebbe essere superato, vista l’accelerata data ieri sera e che Silvio Lai ha confermato, parlando di un percorso da concludere in tempi rapidi e di un referendum tra gli iscritti da tenersi prima dell’estate. In pratica il Pd in Sardegna riprende i fili di un percorso interrotto nel 2011, a causa degli scontri interni, ma che si era una prima volta arenato dopo che la Commissione nazionale di Garanzia aveva cassato lo Statuto del Pd sardo, votato all’unanimità nell’assemblea di Ottana del 16 ottobre 2010. Una bocciatura formale, che contestava l’uso del nome “Partito democratico sardo”, ma che comunque rappresentò un ostacolo al percorso poi avviato con l’assemblea programmatica.

Ora si ricomincia, partendo da quello che sta scritto negli Articolo tredici dello Statuto nazionale del Pd, che prevede per le regioni autonome proprio la possibilità di costituire soggetti federati. “L’accordo confederativo implica che il partito locale si riconosca nelle liste del Partito Democratico per il Parlamento nazionale ed europeo ed abbia la facoltà di presentare propri candidati all’interno delle medesime liste. Per le elezioni regionali e locali l’accordo confederativo comporta la rinuncia del Partito Democratico a presentare proprie liste ovvero la regolare presentazione di liste elettorali comuni con il partito locale confederato”. Quindi se il Pd fosse stato già confederato prima della stesura delle liste, avrebbe potuto bilanciare le pretese di Roma con ben altri argomenti. Un’occasione persa, anche e soprattutto per quelle divisioni interne, che sembrano riemergere con forza in vista del prossimo congresso e dell’appuntamento con le elezioni regionali.

Alberto Urgu

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