Olbia, la guerra della spazzatura

Si era ipotizzato, col crescere della tensione in campo nazionale e con l’approssimarsi delle elezioni regionali, un ritorno alle guerre senza esclusione di colpi, dove le appartenenze non contano più, le alleanze saltano, e i soldi girano vorticosamente. Alla ‘politica-spazzatura’, insomma. Ma nemmeno i più pessimisti avevano immaginato un ritorno così repentino, violento e letterale come quello che ieri si è prodotto in una sorprendente seduta del consiglio comunale di Olbia.

Il bilancio finale di un pomeriggio e di una serata convulsi è tutto sommato positivo. Se non altro perché è stato bloccato in extremis l’arrivo nell’Isola di 40mila tonnellate di percolato, quella specie di ‘spremuta di spazzatura’ che viene prodotta dal materiale che si accumula nelle discariche controllate di rifiuti solidi urbani.

L’arrivo del percolato – attraverso dieci trasporti marittimi: quello bloccato ieri era il primo – era previsto da un contratto da un milione di euro tra il Cipnes (Consorzio industriale provinciale del Nord-Est Sardegna) e un’impresa specializzata catanese, la “Paradivi servizi”, che ha a sua volta un contratto con la Regione Sicilia per lo smaltimento del percolato di una discarica che si trova alla periferia di Palermo, quella di Bellolampo.

Fatto sta che ieri, in apertura del Consiglio comunale, il sindaco di Olbia, Gianni Giovannelli, ha lanciato l’allarme sull’imminente arrivo della prima delle navi – il cargo Othello – di percolato al porto Cocciani di Olbia. E la Guardia Costiera ha confermato. Il sindaco ha mostrato all’aula il contratto firmato dal Consorzio Cipnes, il cui presidente è l’ex deputato e coordinatore regionale del Pdl Settimo Nizzi, con la società catanese. Curiosamente l’importo economico era stato cancellato.

Il Cipnes – secondo la ricostruzione emersa dalle parole di Giovannelli – avrebbe avuto intenzione di trattare i rifiuti all’interno del depuratore consortile, senza farne alcuna menzione al Comune. Il sindaco, infatti, sarebbe venuto a conoscenza del trasporto e stoccaggio del percolato solo dopo la comunicazione della Guardia Costiera.

“Fin dal 2008 – ha detto Giovannelli – la mia ordinanza di divieto di trasferimento di rifiuti dal Continente era stata comunicata anche al Cipnes, ma nonostante ciò abbiamo appreso della conclusione del contratto per decine di tonnellate di percolato. Non possiamo accettare un comportamento di questo genere”.

Come si diceva Settimo Nizzi del Cipnes è il presidente. L’uscita del sindaco l’ha dunque chiamato direttamente in causa e ha anche richiamato l’ormai storica rivalità con Giovannelli. La polemica infatti è diventata subito rovente. Nizzi non ha accettato di fare la parte di chi è stato scoperto con le mani nella marmellata e ha reagito attaccando.

“Ho saputo ieri sera, quando mi ha chiamato il comandante Nunzio Martello, dell’arrivo di 10 navi con il percolato – ha spiegato – e non ne ho responsabilità visto che si trattava di un atto amministrativo di cui non ero a conoscenza. Non mi si può accusare di cose che non ho fatto, perché io non sono abituato a dire bugie”.

Nizzi quindi ha rivendicato a sè il merito di aver evitato l’arrivo del percolato ‘disdicendo’ l’accordo raggiunto a sua insaputa e determinando per il Cipnes un mancato incasso di un milione di euro. Infine una frecciata a “quel chiacchierone” di Giovannelli: “Se sapeva la notizia da qualche giorno, poteva chiamarmi”. A maggior ragione perché, secondo Nizzi, a determinare la sospensione degli arrivi di percolato non è stata certo quell’ordinanza del 2008 (“Non ha valore perché si basa su una legge dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale”) ma solo il suo intervento in qualità di presidente del Consorzio.

Resta il problema di base, come ha sottolineato (annunciando un’interrogazione all’assessore regionale all’Ambiente) il consigliere regionale Matteo Sanna: perché, ha domandato, il Cipnes ha stipulato quell’accordo per smaltire i rifiuti siciliani? Domanda che è resa più imbarazzante e urgente dal fatto che pochi giorni fa la Regione, attraverso il presidente Cappellacci, aveva dichiarato la propria indisponibilità ad accogliere in Sardegna parte dei rifiuti della discarica laziale di Malagrotta. “Siamo disposti ad esportare tutto quello che occorre per dare una mano ai nostri fratelli laziali, ma non siamo in condizioni di accogliere i rifiuti in Sardegna”, aveva detto Cappellacci.

La vicenda riporta alla memoria quel che accadde nel 2008 quando – in seguito alla disponibilità della giunta Soru di accogliere e smaltire nell’Isola una piccola quantità di rifiuti della Campania – il centrodestra scatenò un’autentica rivolta, con tanto di assedio dell’abitazione privata dell’allora governatore.

N.B.

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