Lo sviluppo nel rispetto dell’ambiente: la parola ai sette candidati governatore

Lo sviluppo in una Regione come la Sardegna non può che essere ‘sostenibile’, soddisfacendo i bisogni di oggi senza compromettere quelli delle generazioni future. C’è bisogno di un Piano Marshall di nuova concezione per creare lavoro e dare impulso alle imprese, usando in modo intelligente tutte le risorse a disposizione, non ultime quelle ambientali. Quali strumenti intende attivare, in caso di vittoria, per coniugare occupazione, crescita economica, tutela dell’ambiente e del paesaggio? Si può impegnare fin da ora prevedendo una percentuale di investimenti da destinare a questo progetto?

È questa una delle domande uguali fatte nel forum politico dell’Ansa Sardegna ai sette candidati alla carica di governatore alle Regionali di domenica prossima. Ecco le risposte.

CHRISTIAN SOLINAS. Turismo, industria, agricoltura e allevamento, ambiente, energia vanno gestiti in modo sostenibile. Partiamo da qui e andiamo avanti, per attrarre le migliori forze imprenditoriali eliminando il clima di incertezza che blocca investimenti e sviluppo. Non basta: dobbiamo ripensare un nuovo modello urbanistico e creare una solida rete di infrastrutture nelle campagne, ma anche un sistema di trasporti locali efficiente. Subito il metano, per metterci al passo con l’Europa. Le risorse per realizzare i nostri progetti esistono, basta chiederle sia allo Stato che all’Europa con programmi seri, governi credibili e determinazione.

MASSIMO ZEDDA. Ogni azione di governo dovrà essere orientata a creare sviluppo e occasioni di lavoro in tutte le direzioni possibili, nell’ottica della sostenibilità economica, sociale e ambientale. Saranno fondamentali l’innovazione, la sperimentazione, la ricerca di vie non ancora percorse. Importantissima in questa direzione la legge urbanistica, che dovrà essere chiara e snella, favorendo l’azione dei Comuni. In questa direzione gioca poi un ruolo decisivo il sistema dei trasporti interni: il potenziamento della rete ferroviaria, a esempio, potrà garantire un freno allo spopolamento. Quanto all’energia, nell’attuale situazione altalenante penso che dovremmo gestire da noi i 450 milioni annui che le famiglie e le imprese sarde pagano in più. E puntare sulle rinnovabili in vista dello stop al carbone.

FRANCESCO DESOGUS. Intanto non è vero che tutti gli schieramenti condividono l’idea che lo sviluppo della Sardegna debba essere sostenibile: centrodestra e centrosinistra difendono ancora le centrali a carbone ed entrambi hanno tentato, quando sono stati al governo dell’isola, di riprendere a costruire nella fascia dei 300 metri: questo non possiamo dimenticarlo. Solo noi stiamo proponendo un nuovo modello di sviluppo, non una semplice percentuale di investimenti. Perché è inutile favorire investimenti verso settori già decotti, ma bisogna guardare al futuro, e il futuro è l’ambiente e l’energia rinnovabile. Ripeto, non è solo un problema di risorse, è un problema di prospettiva. Senza un nuovo modello di sviluppo sostenibile e condiviso la Sardegna non ha un futuro. Ma questo nuovo modello lo sta preponendo solo il Movimento 5 Stelle. Un modello fatto di una manifattura di qualità, di una agricoltura moderna, di una istruzione e formazione all’altezza delle sfide che dobbiamo affrontare. Gli altri schieramenti tradizionali rincorrono invece ancora le vertenze del passato e si oppongono a qualunque innovazione. I partiti tradizionali in vent’anni hanno forse risolto il problema del prezzo del latte o dell’industria o dei trasporti o della dispersione scolastica? Riproponendo ricette già fallimentari non si va da nessuna parte. Solo noi siamo in grado invece di proporre un vero rinnovamento.

ANDREA MURGIA. Dobbiamo riuscire a generare investimenti preservando il nostro ambiente. I temi sono tanti e le risorse si possono negoziare. Avremo nei prossimi anni tanti fondi europei da spendere (10 miliardi in 5 anni): proponiamo di incentivare la ristrutturazione delle case private e favorire la produzione e l’accumulo di energia pulita. Di gestire e valorizzare i nostri boschi. Di creare uno schema di incentivo automatico per finanziare le imprese che investono. Infine, considerato che le nostre infrastrutture sono la metà di quelle disponibili in una qualsiasi regione italiana, di privilegiare la rotaia per avere le maggiori città, i porti e gli aeroporti collegati con treni elettrici, veloci e connessi con i sistemi di trasporto urbano.

PAOLO MANINCHEDDA. L’economia della Sardegna è governata per legge da poteri esterni alla Sardegna e questo non è un fattore marginale, anzi è il problema principale. Detto questo, l’industria da attrarre e produrre è quella legata al sapere, alle tecnologie, alla meccanica di precisione, alle produzioni agro-alimentari, alla ricerca medica. Occorre promuovere l’industria legata alla connessione tra digitale e meccanico che oggi caratterizza tutti i meccanismi automatici alimentati da qualsiasi forma di energia. Il nostro nemico in questo orizzonte è l’ignoranza. Dobbiamo formare rapidamente e intensamente una nuova classe di tecnici specializzati. Un’industria sostenibile. La Sardegna deve partecipare in modo attivo e responsabile alla lotta al cambiamento climatico, alla transizione dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili. Certamente, una leva importante è rappresentata anche dai fondi europei che non sono stati utilizzati nel migliore dei modi.

VINDICE LECIS. Non lo chiamerei Piano Marshall ma un piano del lavoro dove far convergere risorse pubbliche regionale e statali per investire principalmente nel riassetto idrogeologico, nella valorizzazione dei beni culturali, nel recupero del lavoro agricolo e dell’agro industria, nei settori dell’innovazione tecnologica. I 285 milioni che lo Stato ci ha scippato, e che devono rientrare nella disponibilità dei sardi, devono essere messi in gran parte nel Piano.

MAURO PILI. La nostra prima grande sfida è quella del lavoro. Non mero assistenzialismo temporaneo e distorsivo, ma un piano strategico quinquennale da un miliardo di euro (200 milioni all’anno) in grado di restituire dignità al popolo sardo attraverso il lavoro e la produzione. Un piano funzionale anche al mondo dell’impresa in settori come la produzione di beni e servizi, ivi compresi i servizi socio assistenziali e il turismo.

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