L’anti-Cappellacci del centrodestra

Non si è candidato alle Regionali, ma agisce come le fosse già in campagna elettorale. I piani del nemico “in casa” del governatore

Quel «Sono io il candidato governatore», proclamato da Ugo Cappellacci voleva essere una bomba. E aveva molti obiettivi, tutti interni al Pdl. Ma il principale era Mauro Pili, l’eterno rivale, il governatore ombra, l’aspirante candidato del 2014, capo della Giunta quando era poco più che ragazzino (prima nel ’99, per due mesi, poi dall’ottobre del 2001 all’agosto del 2003).

LA PREMESSA. È da quest’estate che su Pili si chiacchiera. Perché il parlamentare di Iglesias culla il sogno un polo sovranista spostato a destra e trainato da Unidos, il movimento che ha fondato. I contatti sono avviati con Fare per fermare il declino, il partito di Oscar Giannino, e Fortza Paris, anche se l’accelerata estiva ha ceduto il passo allo stallo. Ma è da qui che si può ipotizzare uno scenario di guerra nel Pdl, in vista delle prossime Regionali.

PRIMA IPOTESI. Finora la storia di Unidos ha insegnato che Pili si è servito del suo movimento più per alzare il prezzo che non per costruire qualcosa. Basti pensare alle Politiche di febbraio, quando si contendeva con Salvatore Cicu la leadership della lista sarda in quota Pdl. Alla fine l’ha spuntata  con la minaccia di correre da solo alle elezioni, proprio con Unidos, il cui simbolo venne regolarmente depositato in Tribunale.

SECONDA POSSIBILITÀ. Resta comunque il fatto che a Roma il berlusconiano di Iglesias è uno dei tanti. E siccome l’ambizione non gli manca, vuole tornare in Sardegna da capo della Giunta. Ecco allora che la soluzione del polo sovranista diventa un abito perfetto per tentare la scalata al potere. Più ancora: se Pili non sarà il candidato governatore di Pdl e alleati, è facile immaginare che presenterà davvero la lista del suo movimento. Quasi certamente, affiderebbe la leadership a un suo fedelissimo, ben sapendo di non poter centrare l’obiettivo della vittoria. Ma così riuscirebbe nell’intendo di spezzare l’unità a destra e consegnare al centrosinistra il successo alle urne e la guida della Regione.

UN PO’ DI CONTI. Del resto è scritto nella legge elettorale che Pili, correndo da solo, conquisterebbe non meno tre-quattro seggi, se è vero, come dice agli amici, che Unidos potrebbe raccogliere il 15 per cento dei consensi (lo sbarramento, per un partito che si presenta da solo, è del 5 per cento). Sarebbe una semina per il futuro: è del 1966 e può stare fermo almeno un altro giro prima di ricandidarsi a governatore.

DIETRO LE QUINTE. Non è tutto: lanciando Unidos nell’arena elettorale, Pili sistemerebbe i suoi, proprio per fare da “sentinelle”, nel consiglio regionale, ai giochi della politica sarda. I più noti del suo entourage sono tre. Intanto Paolo Collu, ex sindaco di Iglesias, ma soprattutto due giovani: Pierluigi Saiu, il delfino nuorese (è consigliere comunale) e Roberta Loi, eletta nel collegio di Dosmusnovas nell’assemblea provinciale di Cagliari (lì dove adesso c’è il commissario).

IL DESTINO DEL CAPO. Di certo Pili non sta sottovalutando un particolare: il Cavaliere è appeso al filo dell’incertezza. E rischia di mandare in frantumi l’unità del partito con il ritorno a Forza Italia. Insomma, sa bene che deve trovare un paracadute politico per evitare di rimanere stritolato nel tritacarne del post berlusconismo.

GLI OSTACOLI. Fuori dal Pdl, Pili deve fare i conti con Udc e Riformatori, i quali non ne possono più del suo duello a distanza con Cappellacci. Tanto che non solo hanno fatto naufragare le primarie del centrodestra, ma si stanno spendendo per candidare come governatore Emilio Floris, il senatore ex sindaco di Cagliari. Quanto basta per capire che, tra i due litiganti, la potrebbe spuntare un terzo berlusconiano (in questo caso moderatamente amico del Cavaliere), unico modo per superare l’impasse e le battaglie.

Alessandra Carta

 

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