“La realtà della Sardegna dei cinque anni di Cappellacci non è quella di un video abilmente costruito e confezionato, né quella di una Regione- Cenerentola tiranneggiata da una matrigna cattiva. La realtà della Sardegna, dell’Ora e Qui, è fatta di disoccupazione cresciuta con il centrodestra al governo, di infrastrutture non completate (a partire dalla Sassari-Olbia), di liste d’attesa che sono aumentate a fronte di un’assistenza che è peggiorata, di trasporti – aerei, marittimi, su gomma – da Paese del Terzo mondo”. Replica così, a distanza, il segretario regionale del Pd Silvio Lai alla sfida lanciata oggi in Fiera da Cappellacci.
“Cappellacci è abile a giocare con gli slogan, con i titoli, come quello dell’articolo del Corriere della Sera di oggi, artatamente adattato all’Ugo-pensiero; è bravo a denigrare l’avversario, attribuendogli responsabilità che non ha (nessun bilancio di Francesco Pigliaru è mai stato impugnato e bocciato dalla Corte Costituzionale); è unico nella capacità di prendersi meriti non suoi, come per l’abbattimento dell’Irap. Al governatore uscente, che mischia sfacciatamente struttura e impegni istituzionali con appuntamenti e staff da campagna elettorale, riesce difficile prendersi le responsabilità del fallimento nel rapporto con lo Stato, qualunque governo ci sia stato in questi cinque anni. Fallimento dovuto principalmente alla sua totale mancanza di autorevolezza e capacità di imporsi, al di là delle minacce di rottura o ridicoli strappi di tessera di partito”.
“Tra l’economista Pigliaru e il commercialista Cappellacci -affonda Lai- c’è un abisso, che neanche coreografie artificiose ed effetti speciali può colmare: i video, poi, Cappellacci li lasci girare ai Sardi, ai cassintegrati triplicati con la sua gestione, agli alluvionati di Capoterra che ancora attendono la ricostruzione, a chi viaggia in nave o in aereo, a chi attende una vera politica per la casa e non la mera speculazione edilizia, a chi ha perso il lavoro e viene abbandonato a se stesso. Questo è il qui e ora, il resto sono le solite battute da campagna elettorale”.