Il quartetto delle Regionali è in partita: ecco come è cambiata la politica sarda

La Sardegna ha il suo quartetto: sono i candidati governatore alle Regionali 2019. Quattro nomi – Francesco Desogus, Andrea Murgia, Christian Solinas e Massimo Zedda, in rigoroso ordine alfabetico – che archiviano definitivamente il bipolarismo, ovvero lo schema che, almeno nell’assegnazione dei seggi, ha segnato il voto del 2014. A distanza di quasi cinque anni di quell’impostazione politica è rimasto poco o nulla. E potrebbe non rappresentare un ostacolo al cambiamento nemmeno la legge elettorale approvata nell’estate del 2013 e finita sulla graticola in più di una occasione.

Ma andiamo con ordine, senza dimenticare una premessa: ai quattro aspiranti presidenti potrebbe aggiungersi un quinto nome, se il Partito dei sardi, dopo le Primarias che si chiudono il 16 dicembre, non stringerà alcuna alleanza coi candidati in corsa. E nemmeno si può dire, al momento, se la magistrata del Tar laziale, Simona Ines Pisano, parteciperà (o meno) alla competizione del 2019.

Di sicuro il voto del prossimo anno segna l’ingresso dei Cinque Stelle nell’arena delle Regionali sarde: gli M5s si presentano alle urne con Francesco Desogus, considerato, alla vigilia del ballottaggio interno al movimento, il vincitore più probabile sulla piattaforma Rousseau. Così è stato: il 58enne di Cagliari, funzionario della Cultura negli uffici della Città metropolitana, è il candidato M5s dopo il forfait del 2014, quando arrivò direttamente da Beppe Grillo l’ordine di non partecipare alle Regionali per via dei troppi dissidi tra militanti sull’indicazione del nome.

La seconda novità del nuovo schema politico è rappresentata da Autodeterminatzione, cartello indipendentista nato lo scorso autunno, quando sembrava che il giornalista Anthony Muroni dovesse diventare a lungo il leader. Invece quell’esperienza è finita malissimo: il polo dei nazionalisti ha quindi deciso di puntare sull’ex Pd Andrea Murgia, funzionario a Bruxelles. Di Autodeterminatzione fanno parte RossoMori, iRs, Sardigna Natzione, Liberu, Sardegna Possibile, Gentes e Radicales sardos. La compattezza del blocco è minata dalla candidatura di Massimo Zedda, riferibile per certi aspetti alla stessa area culturale: un primo strappo a favore del sindaco di Cagliari c’è già stato nei RossoMori che hanno espulso il non allineato consigliere comunale Filippo Petrucci.

A cambiare pelle è anche il centrodestra sardo che si avvia verso le Regionali del prossimo anno con l’innesto della Lega, secondo partito in Sardegna alle Politiche di marzo, ma diventato l’asso pigliatutto della coalizione. Il Carroccio, per il tramite del Psd’Az primo alleato, ha pure messo il cappello alla candidatura col segretario dei Quattro Mori e senatore Christian Solinas. Lo schieramento conta undici liste: oltre Psd’Az e Lega ci sono gli alleati in Consiglio regionale, cioè Forza Italia, Riformatori, Fratelli d’Italia, Udc e Uds, più gli innesti di Movimento Civico Sardegna, Energie per l’Italia, Fortza Paris e Sardegna 20Venti.

Non meno portatrice di nuove dinamiche è la corsa di Massimo Zedda: il sindaco di Cagliari guida una coalizione civico-politica che sembra la parente lontana del centrosinistra targato 2014. La coalizione non è ancora definita né si conoscono le sigle che andranno a comporre lo schieramento. L’unico dettaglio noto è che fuori dai partiti ci saranno almeno cinque liste, a cui si affiancheranno con certezza Campo Progressista e Pd.

Sullo sfondo le regole elettorali. Intanto: dal ’99, con l’elezione diretta del governatore, è proprio il leader della coalizione a decidere il voto. È successo anche nel 2014: le liste di centrodestra hanno superato quelle di centrosinistra, ma Francesco Pigliaru ha preso più preferenze di Ugo Cappellacci. Non c’è stata l’anatra zoppa, ovvero il rischio di ingovernabilità col capo della Giunta in minoranza, perché è previsto il premio di maggioranza. Nel Consiglio regionale della Sardegna scatta a partire dal 25 per cento di consenso: sino alla soglia del 40 dà diritto al 55 per cento dei seggi. Poi si sale al 60 per cento degli scranni.

Per la prima volta nella storia autonomista partiti e movimenti hanno anche l’obbligo delle liste paritarie: vuol dire che gli uomini candidati non possono superare per numero le donne. E ci sarà, come già avviene alle Comunali, la possibilità della doppia preferenza di genere, votando per la rappresentanza maschile e quella femminile all’interno di una stessa lista. Queste modifiche sono state introdotte con la riforma approvata lo scorso novembre dal Consiglio regionale.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share