Dopo una ricognizione di bilancio al 31 dicembre 2010, si scopre che ci sono residui per 200mila euro. Ma questi pannelli non sono mai stati poggiati – sostiene Sandro Mezzolani, e si tratta di una grave mancanza, visto che per superare le verifiche imposte dalla rete geoparks patrocinata dall’Unesco occorre dotarsi di un’adeguata segnaletica”.
Insomma, 200mila euro sono finiti in un buco nero, arrivare a Piscinas o muoversi tra gallerie e laverie rimane un calvario per un qualsiasi turista e, in molti casi, per i tanti sardi interessati a scoprire le aree del parco. Il Parco geominerario della Sardegna si trova al centro di un singolare crocevia tra società in house della Regione, Stato, politici locali e banche.
Il conto in banca dell’ente gode di ottima salute, a gioirne sono la banca tesoriera, Banca intesa, e il Ministero dell’Ambiente, che si vede restituire parti del finanziamento concesso.
La situazione è poi ulteriormente aggravata da una strana schizofrenia: il parco, infatti, non collabora con Ifras. Con un ente, cioè, creato per affiancare le sue attività. E tutto questo nonostante le ultime verifiche dei commissari Unesco abbiano dato esito positivo.
Con buona pace dei progetti di rilancio dell’area.
Piero Loi