I sindaci sardi contro Renzi: “I Comuni non possono spendere, tutti a Roma”

Le nuove regola della finanza locale, col pareggio di bilancio anziché il patto di stabilità, non piacciono ai Comuni. Lunedì i sindaci sardi vanno a Roma.

Le nuove regola della finanza locale, col pareggio di bilancio anziché il patto di stabilità, non piacciono ai Comuni. Tanto in Sardegna quanto nel resto del Penisola. E dopo dieci mesi di sperimentazione monta la protesta. Lunedì, a Roma, seicento sindaci – compresa una delegazione isolana – incontrano Governo e Parlamento. Appuntamento a Montecitorio “per chiedere correttivi sulla nuova normativa che non ha portato ad alcun vantaggio: gli enti locali continuano a fare i conti con una spesa vincolata”.

La protesta romana è stata spiegata oggi da Pier Sandro Scano e Umberto Oppus, rispettivamente presidente uscente  e direttore di Anci Sardegna. “Saremo anche noi nella Capitale, perché i meccanismi stringenti della contabilità non sono migliorati”. Adesso a ostacolare la programmazione dei Comuni c’è “il saldo di competenza“: continua a obbligare i Comuni a conteggiare, su ogni anno, entrate e uscite, perché siano in pareggio. Ma non permette di spendere l’avanzo di amministrazione, ovvero il fondo cassa (aggiunti i crediti e tolti i debiti) che gli enti locali hanno accumulato dal 2009, quando si sono stretti i lacci del patto di stabilità. Il quale, a sua volta, ha limitato la spesa dei Comuni che, non potendo pagare in anticipo i lavori anche quando c’era la disponibilità finanziaria, hanno dovuto rallentare o tagliare gli investimenti. E ciò, negli anni, ha fatto accumulare un vero e proprio tesoretto, tuttora inutilizzato e stimato in 4,5 miliardi a livello nazionale, di cui 240 milioni solo in Sardegna“.

Lunedì a Roma i sindaci chiederanno di poter usare, almeno in parte, gli avanzi di amministrazione che i Comuni hanno in cassa. “Solleciteremo pure – continua Scano – la ristrutturazione dei mutui, i quali possono essere accesi con sempre maggiori difficoltà. Eppure il ricorso al credito da parte degli enti locali pesa appena l’1,2 per cento sull’indebitamento totale della pubblica amministrazione”. Sempre per aumentare la capacità di spesa dei Comuni, quindi gli investimenti, “è necessario che alcune voci di spesa siano scorporate dal bilancio. Su tutte gli interventi per l’edilizia scolastica, per la messa in sicurezza del patrimonio comunale e per contrastare il rischio idrogeologico”.

Scano precisa: “Nessuno contesta il pareggio di bilancio in sé, che è ragionevole e imprescindibile. Ogni Comune, come del resto fanno le famiglie, devono poter spendere solo quando incassano. Ma nel lato pratico non accede, perché gli avanzi di amministrazione non si possono mettere a correre”. Oppus osserva: “Il paradosso è che, a fronte di un risparmio obbligato per gli enti locali, il Governo centrale si rivela una macchina sempre più costosa e senza limiti di spesa”.

E a proposito di rapporto tra Stato ed enti locali, dall’Anci Sardegna continuano a puntare il dito contro la politica dei tagli decisa a Roma. “Negli ultimi otto anni sono stati dimezzati i trasferimenti ai Comuni, con una riduzione di 17 miliardi, sebbene gli enti locali incidano appena il 7 per cento sul bilancio nazionale”.

In vista dell’appuntamento di lunedì a Roma, Scano e Oppus incontrano domani il sindaco di Bari, Antonio Decaro, eletto due settimane fa presidente nazionale di Anci (Decaro sarà a Cagliari per il convegno di Sel). “La Sardegna – ricorda Scano – è particolarmente interessata dalle nuove regole della contabilità, estese per la prima volta anche ai Comuni sotto i mille abitanti. E noi ne contiamo ben 119. Si aggiunga che per svariati anni il grosso delle amministrazioni sarde (315 su 119) non era interessata nemmeno al patto di stabilità, esteso dal ’97 al 2009 ai soli centri sopra i 5mila residenti”.

Infine l’appello alla Regione. “A inizio 2016 – chiude Scano – la giunta Pigliaru si era impegnata a prevedere un nuovo spazio finanziario per gli enti locali, inserendo nel proprio bilancio almeno 25 milioni di spese che, in questo modo, non sarebbero comparse nei bilanci dei Comuni accelerando così gli investimenti. Ciò non è avvenuto: speriamo sia possibile dal 2017”. Pressing di Anci anche sul fondo unico: “Adesso che la Regione ha chiuso la vertenza entrate con un recupero di importanti crediti, scatta l’obbligo di aumentare gli stanziamenti per gli enti locali. Lo prevede la legge 2 del ’97, al comma 1 dell’articolo 10. Vigileremo sulla corretta applicazione della norma, a garanzia dei servizi da erogare ai cittadini”.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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