Elezioni, ecco i candidati in Sardegna. In corsa otto coalizioni con 13 partiti

Sono tredici i partiti che hanno presentato in Sardegna le liste per le Politiche 2018. Valgono di fatto otto coalizioni, visto come sono scandite le alleanze. Lo schieramento più numeroso è quello del centrodestra che mette insieme Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega-Psd’Az e Noi con l’Italia. Segue il centrosinistra guidato dal Pd e con due liste collegate: +Europa-Centro democratico e Civica popolare Lorenzin. Ma ci dovrebbe essere anche la quarta gamba, cioè Insieme, il cartello elettorale formato da socialisti, verdi e altri civici. Tutti gli altri corrono da soli e valgono come coalizioni a se stanti. Sono, in ordine alfabetico: CasaPound, Liberi e uguali, Movimento Cinque Stelle, Potere al popolo, Popolo della famiglia e Progetto AutodetermiNatzione. Al pari di Insieme, perché frutto di candidature dell’ultima ora, fuori dal conteggio restano anche ‘Partito del valore umano’, la ‘Lista del popolo’ e il ‘Partito comunista’, la cui ammissibilità (o meno) al voto del 4 marzo sarà adesso valutata dall’Ufficio elettorale della Corte d’appello di Cagliari. Che, tuttavia, deve ancora esprimersi in via definitiva anche sulle altre liste tredici liste.

Nella photogallery in coda all’articolo, ci sono tutti gli aspiranti parlamentari in corsa in Sardegna (mancano solo i pochi nomi allegati alle liste dell’ultima ora). Nella gran parte dei partiti, ci sono candidature che si ripetono. Nulla di irregolare però: il Rosatellum bis, la legge elettorale con la quale si va a votare il 4 marzo, prevede che si possa correre in più collegi plurinominali, sino a un massimo di cinque. In aggiunta ci si può eventualmente presentare anche in una circoscrizione uninominale.

La differenza tra gli uni e le altre è che nelle uninominali c’è un solo candidato per coalizione; nei plurinominali (detti anche proporzionali) ciascuna forza politica presenta invece proprie liste. La Sardegna è stata divisa in nove collegi uninominali e tre plurinominali. I primi, a loro volta, sono sei per la Camera (Cagliari, Nuoro, Sulcis, Sassari, Gallura e Oristano) e tre per il Senato (Sud, Centro e Nord); i plurinominali sono Centro-Sud e Centro-Nord su Montecitorio e collegio unico regionale su Palazzo Madama.

Nella definizione delle liste i partiti hanno dovuto rispettare il principio della rappresentanza di genere che era di un rapporto di 60 a 40 nelle circoscrizioni uninominali (su scala nazionale e per schieramento), mentre sui proporzionali c’era l’obbligo dell’alternanza tra uomo e donna nelle liste.

Ai fini dell’attribuzione dei seggi, il concetto di coalizione è fondamentale perché si viene eletti in Parlamento solo se lo schieramento di appartenenza supera il 10 per cento su base nazionale e almeno una lista raccoglie oltre il tre per cento. Questa soglia di sbarramento vale pure per i partiti alleati: anche se si appartiene a una coalizione vincente, per piazzare un parlamentare ogni singola forza politica deve superare il tre per cento, sempre su scala nazionale.

C’è infine un ultimo aspetto squisitamente tecnico: l’attribuzione dei seggi alla Camera avviene secondo una ripartizione nazionale, mentre al Senato il consenso si misura coi voti regionali. Ma anche in quest’ultimo caso sono fatte salve le soglie di sbarramento. Per questa ragione, stando ai sondaggi, solo il centrodestra guidato da Forza Italia, il centrosinistra capeggiato dal Pd, il Movimento Cinque Stelle e Liberi e uguali hanno la possibilità di rientrare nella ripartizione dei seggi. E sempre per questo motivo tutti gli altri partiti non vengono mai considerati nelle rilevazioni demoscopiche: risultano essere fuori dalle soglie di sbarramento che dà loro diritto a eleggere propri rappresentanti in Parlamento.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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