Donne divise sul termine ‘consigliera’: pareri opposti in Comune a Cagliari

Quando si usa il plurale, le consigliere comunali sono tutte d’accordo. Ma nella declinazione al singolare si dividono in modo abbastanza netto: tra i banchi del centrosinistra chiedono che venga utilizzato il termine ‘consigliera’ mentre per le colleghe del centrodestra questa non è una priorità. La questione nasce da uno scambio in Aula tra Camilla Soru che ha chiesto di non essere chiamata con la forma maschile e il vicepresidente vicario Corrado Maxia che non ha accettato la sua richiesta. Durante la stessa seduta anche Francesca Ghirra e Rita Polo hanno chiesto di essere chiamate ‘al femminile’. In questa legislatura la presenza di quote rosa è da record: su 33 consiglieri comunali più il sindaco, sono 12 le donne elette nell’assemblea di palazzo Bacaredda. Un risultato frutto dell’introduzione della doppia preferenza di genere al momento del voto per le Amministrative che hanno consacrato Paolo Truzzu come primo cittadino. Ma sul peso dei termini da utilizzare in Comune non emerge la solidarietà femminile.

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“Anche il regolamento del Consiglio comunale è scritto tutto al maschile, ormai sono maturi i tempi per chiedere un adeguamento dei termini utilizzati”, annuncia Marzia Cilloccu di Progetto Comune, “nel frattempo, vorrei essere chiamata consigliera”. È di diverso avviso la presidente della commissione Pari opportunità, Stefania Loi: “Sono un po’ anziana rispetto alle altre e penso che essere chiamata consigliere non mi cambi la vita – spiega l’esponente di Fratelli d’Italia – le lotte che le donne devono fare sono altre, ma rispetto chi la pensa in modo differente. Pensando a una donna di sinistra mi viene in mente Nilde Iotti: non si fermava alle parole, faceva battaglie più importanti”.

“Si può partire da queste cose per parlare di parità di genere: non dobbiamo fermarci alle parole, ma è da lì che si inizia – commenta Giulia Andreozzi dei Progressisti -. Proprio noi che siamo nelle istituzioni dobbiamo dare l’esempio e far capire che anche nella politica esistono le donne. Poche, ma esistiamo ed esistere vuol dire anche essere chiamate col nome corretto”. taglia corto Loredana Lai del gruppo Psd’Az: “Non pretendo che mi chiamino consigliera, per me è indifferente. Anzi, sono conservatrice e continuo a dire assessore perché assessora non mi piace”.

“L’italiano non è questione di gusto personale ma di regole: se i nomi si possono declinare al femminile, perché qualcuno si ostina ancora a usare le formule maschili? – chiede Francesca Mulas dei Progressisti -. Sentire direttore, inviato, prefetto, assessore o avvocato, quando le stesse parole hanno il corrispondente femminile, è una mancanza di rispetto in primis verso le donne che ricoprono quei ruoli, e poi verso la stessa lingua italiana”.  Non si tratta di una scelta, per lei: “Non ‘preferisco’ consigliera a consigliere: io ‘sono’ consigliera”. La pensa in maniera diametralmente opposta la prima consigliera comunale leghista di Cagliari. “Mi considero consigliere, con la ‘e’ finale – taglia corto Roberta Perra -. Il termine consigliere ha un duplice valore, d’altronde la funzione prescinde dal genere”. Non ha particolare interesse per l’etichetta rosa l’esponente di Fratelli d’Italia, Enrica Anedda Endrich: “Non penso che questi titoli possano caratterizzare la mia femminilità, quella la dimostro col mio carattere e il mio modo di essere, non con i titoli”.

“Contrastare fenomeni come la violenza di genere vuol dire fare un lavoro culturale che passa anche dall’attenzione al linguaggio – sostiene Anna Puddu dei Progressisti -. il linguaggio di genere veicola dei ruoli sociali e bisogna prestare attenzione perché dobbiamo promuovere effettivamente la reciprocità: parlare in modo civile e corretto rispetto all’immagine che vogliamo dare dell’uomo e della donna nella società”. Può accettare il termine al femminile, ma non lo considera una priorità la più giovane eletta in Consiglio comunale. “Non è una mia battaglia e, soprattutto, quando si parla di stadio e di politica locale si dovrebbe intervenire su quello e sugli interessi della città – commenta la sardista Antonella Scarfò -. Se è più corretto consigliera, usiamo quello”. La giovane esponente del Psd’Az rivela di aver utilizzato ‘consigliera’ anche nella sua pagina Facebook, ma aggiunge: “Da davanti a queste polemiche sui termini ci tengo a sottolineare che questa settimana c’era ‘Feminas’, un ricco calendario di iniziative contro la violenza sulle donne: noi della maggioranza abbiamo partecipato attivamente, mentre non ho visto molte esponenti di spicco del centrosinistra”.

Marcello Zasso

 

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