Un pezzo di Sardegna nella prima mano bionica sensibile al tatto

È realizzata da un team dell’Università di Cagliari l’elettronica che comunica con il sistema nervoso della donna italiana che per prima ha utilizzato una mano bionica dotata del senso del tatto. L’Eolab, Laboratorio di Microelettronica e Bioingegneria del Dipartimento di Ingegneria Elettrica ed Elettronica, collabora dal 2006 allo sviluppo della protesi neuro-controllata attraverso diversi progetti finanziati dal ministero dell’Università e della ricerca e dal progetto Nebias, finanziato dalla Comunità Europea. Gli elettrodi che consentono di far ‘parlare’ il sistema nervoso della paziente con la mano realizzata dal gruppo di Silvestro Micera, della Scuola Superiore Sant’Anna e del Politecnico di Losanna, sono stati impiantati dall’équipe del neurochirurgo Paolo Maria Rossini al Policlinico Gemelli di Roma.

“Con questa protesi, direttamente collegata al sistema nervoso – spiega Luigi Raffo, responsabile di Eolab – il paziente percepisce l’arto artificiale come parte del corpo stesso e può controllarlo come uno naturale, ricevendone per esempio sensazioni tattili”.

Più nel dettaglio, l’Eolab contribuisce a questo progetto con l’attività coordinata da Massimo Barbaro, relativa allo sviluppo dei microchip capaci di inviare i segnali elettrici al cervello e di tutta l’elettronica necessaria a miniaturizzare il sistema e renderlo effettivamente utilizzabile ed impiantabile sottopelle e con l’attività, coordinata da Danilo Pani, relativa all’integrazione ed ottimizzazione degli algoritmi utili a interpretare e tradurre in tempo reale i segnali nervosi del nostro corpo in azioni della protesi.

Finora i sistemi di controllo della mano utilizzavano una strumentazione che occupava un ingombro pari ad un carrello del supermercato: anche grazie al lavoro dei ricercatori dell’Università di Cagliari, ora il sistema è disponibile in un mini zainetto da tenere sulla schiena del paziente ed in futuro sarà direttamente disponibile sottopelle come accade per un pacemaker.

Oltre ai professori Raffo, Barbaro e Pani, lavorano sul progetto gli ingegneri Gianluca Barabino, Lorenzo Bisoni, Caterina Carboni e Roberto Puddu.

(foto Ansa)

 

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