Lo smartphone? “Non solo social, in tasca abbiamo un laboratorio scientifico”

Lo teniamo in mano tutti i giorni: chattiamo, telefoniamo, scattiamo foto e giriamo video. Però non tutti sappiamo che a portata di mano abbiamo un piccolo laboratorio scientifico. Potere dello smartphone, strumento indispensabile per le nostre comunicazioni quotidiane ma che può diventare utilissimo per scoprire le basi della fisica.

Lo sta dimostrando in questi giorni, al FestivalScienza in corso a Cagliari, Giovanni Pezzi che a nome dell’Aif (associazione per l’insegnamento della fisica) durante il suo laboratorio spiega a giovani e meno giovani i segreti dei nostri telefoni cellulari. Così si scopre che basta installare due applicazioni gratuite (App sensors kinetics e Physics toolbox sensor suite) per capire come funzionano i sensori che governano i nostri apparecchi. Dentro c’è di tutto: termocamere, microscopi, accelerometri, giroscopi, sensori di campo magnetico, sensori di prossimità, alcuni hanno anche barometro e igrometro per misurare pressione e umidità. Oltre ovviamente al Gps. Per mostrare il loro funzionamento Pezzi, ex professore di fisica, utilizza parole semplici e strumenti comuni. Per spiegare la forza cinetica basta avviare l’app, infilare il telefono in una insalatiera da cucina e iniziare a farla girare. La pressione? Si misura mettendo lo smartphone in un barattolo per inscatolare i prodotti sottovuoto. La legge di Stevino? Si spiega facilmente immergendo lo smartphone, sigillato in una busta, dentro una bacinella d’acqua. Il risultato sono grafici e numeri precisi registrati dalle applicazioni.

LE FOTO

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Ma il nostro laboratorio portatile sa fare anche altro. Misura l’intensità luminosa grazie a un luxometro, riproduce diverse frequenze sonore, alcune impercettibili, grazie al fonometro e con l’oscillometro disegna le onde sonore. Aggiungendo una piccola lente da dieci euro è perfino in grado di trasformarsi in un microscopio capace di zoomare immagini fino a trecento volte.

Andrea Deidda

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