Liquirizia, mirto, santolina e vinacce per produrre prodotti cosmetici

Le piante della Sardegna ci riservano tante sorprese. Dalle vinacce dell’uva cannonau – i prodotti di scarto della vendemmia – agli estratti della liquirizia, dalla pompia e l’olio essenziale della santolina sono stati ottenuti prodotti nutraceutici e prodotti cosmeceutici. Questo è quanto illustrato dalla professoressa Maria Manconi, docente di Tecnologia farmaceutica alla Facoltà di Biologia e Farmacia dell’Ateneo di Cagliari, e dalla dottoressa Maria Letizia Manca, durante il workshop tenutosi a Sardegna Ricerche “Tecnologie Innovative per la valorizzazione della Flora autoctona della Sardegna nel settore biomedicale”, organizzato dal Centro di Conservazione Biodiversità.

Ma cosa significa nutraceutico e cosmeceutico? Il primo è un termine coniato dal nutrizionista e biochimico statunitense Stephen De Felice, nel 1989, per indicare un alimento, o parte, che ha una funzione benefica sulla salute umana, sia fisica, che psicologica, inclusi la prevenzione e il trattamento di una malattia. Mentre con il temine cosmeceutico, del dermatologo americano Albert Kligman agli inizi degli anni ’80, si indica quel tipo di prodotto cosmetico che, per la sua composizione, non è classificabile come farmaco pur essendo a base di principi fortemente attivi in grado di penetrare la parte superficiale dell’epidermide.

Due sono stati i progetti presentati dall’Ateneo del capoluogo a Pula: Nanofitocare (prodotti cosmeceutici da piante autoctone sarde) e Nanouvatec (prodotti cosmeceutici dai prodotti di scarto dell’uva) entrambi finanziati dall’Argea attraverso la misura 124 del Psr che ha l’obiettivo di incentivare la collaborazione tra produttori primari, imprese di trasformazione, operatori commerciali, strutture operanti nell’ambito della ricerca e sperimentazione, per individuare e sviluppare percorsi innovativi da attuare lungo le filiere produttive al fine di favorire il trasferimento delle conoscenze.

Maria Letizia Manca ha spiegato i risultati dello studio Nanofitocare – realizzato in collaborazione con diversi gruppi di ricerca dell’Ateneo – che si poneva l’obiettivo di verificare la possibilità di poter utilizzare la santolina, la pompia e la liquirizia, piante endemiche sarde, per prodotti cosmeceutici all’avanguardia. La ricerca ha messo in evidenza che le piante studiate hanno ottime capacità di contrastare i danni da stress ossidativo (contro l’invecchiamento o i processi degenerativi della cute) e mantenere l’equilibrio naturale della pelle.
La professoressa Maria Manconi ha illustrato la procedura ed i risultati raggiunti del progetto Nanouvatec. Dalle “vinacce” – ha detto il docente – è stato estratto un fitocomplesso che è stato nanoincapsulato per ottenere un prodotto anti-ossidante” un prodotto cioè che impedisce la creazione dei cosiddetti ‘radicali liberi’ che creano gravi danni cellulari e favoriscono l’insorgenza di gravi patologie. Prodotto assumibile per via orale o destinato ad essere usato sulla pelle.

Quello raggiunto dai ricercatori è un importante passo in avanti nella ricerca ma soprattutto nelle relazioni con le imprese del territorio. Ai progetti hanno partecipato la Erbosard, che ha fornito la materia prima per le ricerche, Icnoderm, giovane start up che opera nel settore delle formulazioni dermocosmetiche secondo un innovativo concetto di naturale, per il progetto Nanofitocare. Mentre per il progetto Nanouvatec hanno partecipato l’azienda Olianese Gostolai, che ha messo a disposizione dei ricercatori i prodotti di scarto della vendemmia, e Mvt Group, azienda nata nel 2014 che utilizza le piante endemiche sarde per immettere nel mercato dispositivi medici per uso topico attraverso mix di fitocomplessi ricercati. La cosmeceutica e la fitoterapia si confermano settori produttivi sostenibili ed aperti alla cooperazione nella ricerca e nello sviluppo di nuove opportunità.

Alessandro Ligas

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