L’industria sarda dei videogiochi al “Cagliari Global Jam”

Dopo 48 ore di intensissimo lavoro si è conclusa la seconda edizione della Cagliari Global Jam (Cgj) la maratona mondiale sulla creazione di videogiochi che si è tenuta in contemporanea in 804 città del mondo e in 14 città italiane.
La maratona di programmazione è stata ideata nel 2009 dall’International Game Developer’s e quest’anno ha compiuto dieci anni.

In Sardegna è stata organizzata dall’associazione Fabbricastorie e, come lo scorso anno, è stata un successo. A questa edizione, svolta alla Fiera di Cagliari dal 26 al 28 gennaio, sono stati 52 gli iscritti – jammers – il 35% in più rispetto alla scorsa edizione (leggi qui) di cui il 20% donne. Sono stati realizzati 9 videogiochi e un gioco da tavolo. L’evento ha visto la partecipazione di game designer, sviluppatori, informatici, narratori, e per la prima volta anche 4 musicisti, di diverse fasce d’età: 18enni ma anche trentenni e quarantenni fino ad arrivare a cinquantaquattrenni. Tutti accomunati dalla stessa passione: il gioco.

Lo start della maratona è partito, in contemporanea mondiale, alle 17 di venerdì 26 gennaio e si è conclusa alle 17 di domenica durante i quali i jammers hanno vissuto e programmato gomito a gomito. Il tema sul quale sviluppare i giochi era quello delle trasmissioni declinato nei modi più disparati. Si è passato dai temi di attualità, come per “Messang Sent“- gioco multiplayer in 3D, ideato partendo dal messaggio ricevuto dagli Hawaiani il 13 gennaio scorso – dove i protagonisti sono due “turisti” che si devono ritrovare in una città a loro sconosciuta soltanto tramite l’uso degli Sms. Oppure giochi ispirati agli arcade degli anni ’80, come “Soul Fare“, dove si deve proteggere il mondo da una attacco di demoni e trasmettere le abilità conseguite attraverso un albero di comunicazione. Ma anche più fantascientifici, come “Become of Home” in cui l’obiettivo è quello di salvare la razza umana dalla sua estinzione seguendo le indicazioni radio provenienti da due razze aliene. Ci sono anche giochi ispirati da misteri italiani ancora da risolvere, come “Rewind” che racconta la storia di un uomo che ha perso la memoria. Il gioco è fortemente ispirato alla misteriosa scomparsa del fisico italiano Ettore Maiorana. Da segnalare anche il gioco di carte “LSmear Campaign – Dragging through the mud “, di grande attualità, che mette insieme fake news ed elezioni politiche. I giocatori, politici che si stanno candidando alle elezioni, devono studiare notizie false e “lanciarle” contro i propri avversari: vince chi la spara più grossa. “Trencher Phone” è un multiplayer, ispirato ai soldati che ripristinavano le infrastrutture di comunicazione tra le varie trincee trasportando pesanti bobine di cavi telefonici.
I giochi realizzati durante la Cgj, prototipi funzionanti, hanno sicuramente bisogno di ulteriori modifiche e implementazioni ma sono un esempio concreto di quello che si potrebbe realizzare in Sardegna per cercare di raggiungere modelli positivi di grande potenziale artistico e culturale, sulla scia di”Father and Son“, gioco sviluppato per promuovere il Museo Archeologico di Napoli, o “The Town of Light“, ambientato nell’ex Ospedale Psichiatrico di Volterra.

La maratona è stata preceduta dal convegno “Get ready!” durante il quale si è fatto il punto della situazione dei videogame in Sardegna e si è parlato delle possibili prospettive per il futuro. Un ecosistema ancora agli esordi, ma con un sottobosco al lavoro in modo autonomo sullo sviluppo di app ludiche e software, che dimostra come piano piano stia crescendo un distretto legato alla creazione dei videogiochi. “La Sardegna – ha detto Andrea Dresseno, di Italian Videogame Program – è ricca di tantissimi spunti, e location, utili per individuare delle storie da cui partire per la realizzazione di videogame. Le miniere di Ingurtosu o la storia delle maschere del carnevale mamoiadino sono degli esempi da cui partire per poter creare delle storie”.

Non bastano le idee per poter dar vita a un distretto, fondamentale rimane l’apporto economico per poterle sviluppare. Francesco Laddomada, game designer, ha sottolineato come in Danimarca esistono dei fondi pubblici a cui accedono le società di sviluppo di videogiochi. Al contrario in Sardegna non ci sono delle linee di finanziamento appositamente dedicate allo sviluppo di videogiochi e la “Videogame Scientific School”, la scuola dedicata ai videogiochi, organizzata nel 2017 dal CRS4, non è stata finanziata per la sua seconda edizione.
“Il video game ha una fortissima presenza nella vita di tutti i giorni e i giocatori non sono soltanto i più giovani – ha sottolineato Andrea Assorgia, uno degli organizzatori -. Capita sempre più spesso che si giochi e in tantissime occasioni. Il videogame si sta pian piano emancipando e in futuro inizieremo a giocare con console e oggetti che oggi non ci potremmo immaginare: come le mura o i pavimenti”.

Alessandro Ligas

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